Al LAC di Lugano il dibattito “Quale futuro digitale per il denaro contante e le banche?” ha recentemente concluso la Giornata digitale 2021, appendice ticinese di una ampia serie di eventi organizzati in tutta la Confederazione per la Giornata Digitale Svizzera e patrocinati da digitalswitzerland, organizzazione che promuove il territorio elvetico come base per le attività digitali.
Coordinate da Piero Poretti, direttore della Divisione Sviluppo economico della Città di Lugano, si sono alternate le opinioni di Edoardo Beretta, docente alla Facoltà di Scienze economiche dell’USI, Fabio Bossi, delegato regionale della BNS, e Roberto Gorini, imprenditore e fondatore di Noku.io.
Dal dibattito è emerso che denaro contante di origine bancaria e la attuale evoluzione digitale della finanza sono fenomeni destinati a convivere.
Ma con funzioni destinate ad un parallelismo di forma, non di sostanza.
Il motivo di questa asimmetria di fondo, lo vedremo fra breve, dovrebbe chiarirsi dopo le considerazioni degli esperti.
Il Professor Beretta ha esordito ricordando che “la moneta oggi è già digitale, di origine scritturale”.
Insomma opera nei registri contabili, piuttosto che nelle casseforti.
È un destino condiviso dal bitcoin, capofila per il 43% di un mercato affollato dalla presenza di altre 14mila valute digitali.
In parole semplici, old money e new money oggi sono entrambe digitalizzate, e confermano l’interesse degli users per una finanza flessibile e privatizzata alla quale le banche centrali si adattano, rendendo più multicanale e soprattutto continua la offerta dei loro servizi.
Questo non significa che il denaro contante è destinato a sparire.
Anzi, ha osservato Fabio Bossi di BNS, se nel recente periodo si è avuto un dimezzamento del circolante, a partire dal crash borsistico del 2008 il contante è invece complessivamente aumentato, perché nei periodi di crisi i risparmiatori lo tesaurizzano.
BNS rimane comunque attenta alla svolta digitale.
Verrebbe da dire: innovando nel solco della tradizione, in quanto istituzionalmente mandataria della stabilità monetaria nazionale.
Nei mesi scorsi BNS ha brevettato una ventina di marchi per monete virtuali, anticipandone la registrazione da parte del mercato.
Inoltre la nostra banca centrale ha allo studio “una piattaforma per pagamenti istantanei” tra istituti finanziari, operativa verso il 2023.
Per la new money è intervenuto l’imprenditore Roberto Gorini: “a livello mondiale”, ha ricordato, “abbiamo ben 332 milioni di utilizzatori di criptomonete”.
Il bitcoin e le criptovalute in generale, ha aggiunto, “sono strumenti e non monete”, nati come reazione spontanea del mercato alla crisi borsistica di dieci anni fa.
Questi fenomeni, ha riconosciuto, si avvantaggiano della tecnologia digitale, e in Svizzera, prosperano grazie ad una base legale favorevole.
In futuro, ha osservato l’imprenditore, le banche dovrebbero evolvere la loro tecnologia “analogica” e rendersi disponibili come “depositarie e garanti per le transazioni della finanza virtuale”.
Da questo confronto di opinioni, è possibile individuare i tratti distintivi tra finanza tradizionale e finanza informatica.
In particolare, valute come il bitcoin e consorelle, prima ancora di essere un prodotto finanziario appaiono innanzitutto come il risultato di un metodo digitale, e non il contrario come magari percepisce la pubblica opinione.
Infatti, a differenza delle monete tradizionali, le digitali rappresentano un fenomeno privatistico, il cui valore riflette un sentiment del mercato che poi ne motiva la spontanea compravendita e soprattutto le ampie oscillazioni di valore, che al momento costituiscono la principale attrazione per gli investitori.
In parallelo, le valute delle banche nazionali, concettualmente simili ma non uguali a quelle digitali, non solo assolvono le funzioni di stabilità monetaria di un paese ma ne stabilizzano la competitività industriale sui mercati internazionali, aspetto quest’ultimo totalmente sconosciuto alle criptovalute.
Va comunque riconosciuto che le monete digitali rappresentano la espressione di una tecnologia, di un metodo informatico che è qui per rimanere, per evolversi in applicazioni che soddisfano le esigenze più ampie.
Non dobbiamo sorprenderci.
Abbiamo già vissuto queste esperienze circa quarant’anni fa, quando si iniziò a sviluppare la telefonia mobile, la cui evoluzione oggi tutti sappiamo dove è arrivata, ma di cui ancora neppure riusciamo ad immaginare la ulteriore evoluzione.
Non è quindi casuale che la serata si sia quindi conclusa con la conferenza stampa del Sindaco Michele Foletti che ha annunciato il lancio, tra le prime a livello svizzero, della 3Achain (www.3achain.org), la blockchain creata dalla città ticinese nell’ambito dell’attività di promozione economica del laboratorio urbano Lugano Living Lab.
Con questa iniziativa la città del Ceresio rafforza la propria vocazione di crypto-friendly city, polo di riferimento nell’ambito della tecnologia blockchain, che consente la verifica di ogni transazione fatta da una rete decentralizzata, e garantisce che le movimentazioni digitali risultino sicure, immutabili e stabili.
In tal modo la Città di Lugano ha creato la sua blockchain privata, istituzionale e senza scopo di lucro, a favore delle aziende, del mondo accademico, della ricerca e degli enti pubblici interessati.
Ricordiamo che la città del Ceresio ha già maturato un’esperienza nel settore con l’App MyLugano e il ristorno sugli acquisti (cash-back) in oltre 120 esercizi cittadini, attraverso i payment token LVGA points, una vera e propria valuta complementare digitale basata su blockchain, a cui si aggiunge ora anche 3Achain.
di Andreas Grandi