Mai come in questo momento la richiesta di un maggior supporto dall’Europa del Presidente ucraino è stato così forte. Le richieste di armi e aiuti militari di Zelensky si fanno sempre più calzanti, dopo i carri armati è la volta di aerei e missili a lungo raggio. Volodymyr Zelensky, infatti, ha apertamente parlato di una nuova linea rossa, quella dell’aviazione, con i paesi che inviano aiuti militari all’Ucraina. Secondo Kiev l’invio dei tank tedeschi e statunitensi, sarà un punto di svolta nella lotta contro la Russia. Secondo il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, però, “i nuovi carri armati bruceranno come tutti gli altri”. In questo momento, tutto il Paese ucraino è sotto attacco e sono stati intercettati e abbattuti 47 missili dei 55 che sono stati lanciati dai russi, secondo il bilancio dell’esercito. Così Zelensky chiede una maggiore protezione anche per i cieli ucraini: “L’aggressione russa può e deve essere fermata solo con armi adeguate. Armi sul campo di battaglia. Un’arma che protegge il nostro cielo”. Ma fino ad oggi la richiesta di aiuti aerei trova un netto rifiuto sia da parte di Washington che da parte dei Paesi occidentali, Olaf Scholz in proposito è lapidario: “Non ci saranno consegne di aerei da combattimento in Ucraina”.
L’Italia non manderà armi offensive
Nel dibattito svolto in questi giorni sul mandare maggiori aiuti militari a Kiev, anche l’Italia ha preso parte e posizione e il ministro Crosetto ha spiegato la necessità di mandare maggiori aiuti in armi non solo per salvare l’Ucraina, ma perché maggiori armi “sono un freno all’escalation che la guerra potrebbe avere espandendosi, così invece resta tra due nazioni”.
“Noi non diamo armi che attaccano i russi ma che difendono gli ucraini abbattendo i missili prima che tocchino il suolo. A differenza degli altri, questo è l’unico decreto che ha solo armi difensive” ha specificato Crosetto. Il ministro della difesa, nel corso di diversi interventi in questi giorni, ha risposto anche alle accuse sull’aumento della spesa pubblica per sostenere la resistenza ucraina affermando che “gli investimenti sono rimasti uguali a quelli degli anni precedenti” e che l’invio del materiale in Ucraina deciso “non ha aumentato assolutamente la spesa pubblica per ora”.
“Bisogna avere il coraggio di fare scelte difficili per evitare scenari peggiori. I primi a voler evitare l’escalation sono i Paesi europei” ha specificato il ministro Crosetto.
La svizzera: apertura alla riesportazione di armi
Proprio martedì 24 gennaio la Commissione della politica di sicurezza del Consiglio nazionale ha raccomandato (14 voti contro 11) al plenum di autorizzare la riesportazione di armi verso l’Ucraina suggerendo le modifiche necessarie della legge sul materiale bellico (Lex Ukraine).
Fino a questo momento, infatti, la Svizzera ha esportato armi alle altre nazioni (per un valore di circa 800 milioni di franchi annui) con la condizione che il materiale non sarà riesportato. La situazione mondiale però ha posto in discussione la posizione svizzera e quindi soprattutto la sua neutralità. In modo particolare la Svizzera si trovata a rinnegare la possibilità di esportare armi di fattura svizzera a nazioni che ne avevano fatto richiesta (Polonia, Spagna e Germania). Difronte a questa situazione, però, è stata avanzata una mozione e una iniziativa popolare che ha trovato consenso nonostante la ferma opposizione della destra. In questo modo, la legge federale del 13 dicembre 1996 potrebbe essere modificata a favore della possibilità della riesportazione di armi svizzere da parte di altri Paesi. Secondo l’iter il cambiamento della legge potrebbe entrare in vigore già il primo maggio con effetto fino al 2025.
Non si tratterebbe dunque di un invio diretto di materiale bellico a Kiev, ma piuttosto di autorizzare un Governo estero a esportare armi e munizioni acquistate in Svizzera verso un altro Paese, in questo caso all’Ucraina. In questo modo, però, attraverso l’invio seppur indiretto di armi a Kiev, si mette fortemente in discussione la leggendaria neutralità della Svizzera poiché una tale posizione potrebbe essere considerata come una partecipazione al conflitto. Tale argomento ha aperto un dibattito molto sentito in Svizzera tanto più che una tale decisione metterebbe la Svizzera nella difficile posizione di dover consentire la riesportazione di armi svizzere anche alla Russia, secondo le Convenzioni dell’Aia, infatti, “uno Stato neutrale può esportare materiale bellico, ma deve trattare tutti i belligeranti allo stesso modo”, come ha dichiarato Evelyne Schmid, professoressa di diritto internazionale pubblico all’Università di Losanna sul portale online del Blick. In proposito però il professore di diritto internazionale e specialista di diritto europeo Oliver Diggelmann dell’Università di Zurigo, attraverso il zurighese Tages Anzeiger, specifica che la violazione della legge sulla neutralità non sarebbe una novità per la Svizzera: “ciò è avvenuto sia a favore della Germania e degli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale, sia a favore degli americani durante la Guerra Fredda”.
Redazione La Pagina