Le politiche fiscali punitive verso la proprietà, oltre ad avere avuto un effetto deprimente sul mercato immobiliare, hanno anche spinto molti italiani a diversificare i propri investimenti, di fatto il piano delle banche d’affari si sta attuando nella sua interezza, ovvero distogliere il risparmio degli italiani dal mattone indirizzandoli verso il mondo della finanza e delle imprese. Vorrei ricordare che l’economia “finanziaria” si caratterizza per l’assenza di produzione di beni e servizi, è costituita da azioni, obbligazioni derivati ed altri strumenti finanziari, tanto cari alle banche d’affari che con questo genere di operazioni hanno i rischi a zero e se il cliente perde o guadagna loro hanno sempre assicurata la loro commissione, ma di fatto non si crea una “economia reale”. Da ciò ne derivano i seguenti dati: la ricchezza espressa in proprietà immobiliari cresceva dell’1,42% il valore di altri asset si espandeva del 104,7%. A essere attratti da azioni, fondi e quote di aziende sono stati soprattutto i più ricchi. Nel loro caso questi strumenti costituiscono il 31,5% del patrimonio dei 2,5 milioni di nuclei familiari che fanno parte del 10% più facoltoso, contro il 19,5% di 11 anni fa. Non è molto meno del 37,4% espresso invece in proprietà immobiliari. Il discorso è molto diverso, invece, se guardiamo ai meno abbienti, per i quali la casa continua a essere tutto: il 98,5% della ricchezza delle 12,7 milioni famiglie che fanno parte del 50% più povero degli italiani consiste in immobili, in controtendenza rispetto al resto della popolazione e in particolare ai più ricchi perché all’inizio dello scorso decennio questa percentuale era inferiore, del 95%. Come sappiamo, soprattutto nel nostro Paese anche tra i più poveri la maggioranza delle famiglie possiede la casa in cui abita. Questa evidenza, unita ai dati che abbiamo visto, ci porta ad almeno due conclusioni. La prima è che pensare di fare cassa sulla casa oggi è certamente meno efficace per lo Stato che in passato, perché si tratta di un tipo di ricchezza che almeno in termini reali si va restringendo. La seconda, forse ancora più importante, è che anno dopo anno la tassazione sulla proprietà immobiliare ha un impatto sempre maggiore proprio tra chi è in peggiori difficoltà economiche e minore in chi invece se la cava meglio, che investe sempre più in strumenti diversi dal mattone. Alla mancanza di convenienza si aggiunge qualcosa di più grave: l’iniquità.
Dr. Paolo Gasparini