Novecento nomi ripetuti fino ad esaurire due chilometri e mezzo di lungomare, a Napoli.
E poi letti sul palco come una litania, e riletti un’ultima volta come una sfida, fino a quando Roberto Saviano, a sorpresa, lascia aperto l’elenco delle vittime delle Mafie: “E per tutti gli altri di cui non siamo ancora riusciti a conoscere i nomi…’’.
L’autore di “Gomorra” compare all’improvviso, per leggere i nomi di Anna Politkovskaja, Annalisa Durante e quelli dei sei immigrati uccisi dai Casalesi nella strage di Castel Volturno: si riascoltano le sue denunce e si intravede la sua vita di oggi. Subito dopo scompare di nuovo nella sua esistenza sotto scorta. La marcia della memoria delle vittime delle mafie e dell’impegno ha portato 150 mila persone in strada, sabato 21, a Napoli.
È Libera a “dettare” il numero, e nessuno prova a ridimensionarlo: piazza del Plebiscito è un mare di colori, di cappellini, striscioni, bandiere della pace e girasoli. C’erano magistrati, politici, amministratori, accanto a oltre 500 familiari delle vittime.
Nando Dalla Chiesa, il figlio del generale Carlo Alberto, ha il viso bagnato di lacrime, quando intuisce, già a prima mattina, il trionfo di questa giornata. Dà il via alla marcia col megafono, dopo l’inno d’Italia intonato dalla prima fila.
Per strada si uniscono voci che rivendicano cose diverse, ma sono tutte riconducibili alla stessa guerra: ragazzi del Gabon, della Nigeria, del Ghana espongono uno striscione arancione che invoca la convivenza pacifica fra italiani e immigrati: “Uniti contro la camorra e il razzismo’’.
Avvicinandoli parlano della strage del 18 settembre. C’è il manifesto dei lavoratori della Fiat: “Nessuno tocchi Pomigliano’’.
E sarà Luigi Ciotti a spiegare che il tema del lavoro, anche in questo caso, è cruciale: “La guerra alla mafia comincia dal lavoro’’, grida dal palco. Ci sono 1500 scuole della Campania, e oltre 30.000 studenti e 800 autobus di ragazzi che vengono da tutta Italia, con i loro striscioni: “Se lo Stato non è organizzato la camorra diventa Stato’’; “Vola solo chi sa farlo’’; “Io sono un sognatore, ma non sono l’unico’’; “Il nostro paese è senza memoria, noi non dimentichiamo’’.
Marciano anche amministratori e politici, locali e nazionali: il sindaco Rosa Russo Iervolino si lascia prendere dall’entusiasmo: “Napoli è la città dell’anticamorra, infestata da qualche clan pericolossissimo’’. E tutti i Comuni sciolti della Provincia? “Sarebbe peggio se non lo fossero no?’’.
Il presidente della Campania Antonio Bassolino legge “lo straordinario messaggio di fiducia e di speranza’’ lanciato dalla città e sottolinea che “non era scontato’’. Sul palco alla fine, con le vittime delle mafie, italiane e straniere, salgono magistrati ed esponenti delle forze dell’ordine. Ci sono Luigi De Magistris e Piero Grasso, Franco Roberti e il comandante dei carabinieri Gaetano Maruccia, il questore Antonino Puglisi e il prefetto Alessandro Pansa di Napoli.
Da quel palco arriva un energico appello proprio alla criminalità organizzata: “Alla mafia, alla camorra, al crimine dico: fermatevi, ma che vita è la vostra? Ne vale la pena?’’, urla Don Luigi Ciotti.
“Vi aspettano carcere, clandestinità, tanti morti, se avete beni ve li confischeremo tutti. Fermatevi, alla fine che vi resta? Come giustificate il male che fate agli altri? La vostra è una condanna a vita. Non basta pentirsi ogni tanto, bisogna convertirsi’’.