Finalmente anche in Irlanda si potrà interrompere la gravidanza senza restrizioni nelle prime 12 settimane di gestazione, in caso di donne con problemi di salute i termini si allungano fino a 24 (pag. 4). È strano leggere notizie del genere, al giorno d’oggi: verrebbe semplice pensare all’aborto come un diritto riconosciuto e applicato in tutto il mondo, ma non è proprio così. Per essere in linea con le leggi europee, la cattolicissima Irlanda ha dovuto attendere il maggio del 2018, 40 anni dopo l’Italia. Nel nostro Belpaese, infatti, fu nel maggio del ’78 che le donne vinsero una piccola ma durissima battaglia, sociale, etica e politica, con la quale si ebbe la legge 194, ovvero quella che riconosce alle donne il diritto di interrompere volontariamente la gravidanza. Prima di allora lo scenario era impensabile, molte donne per abortire erano costrette a rivolgersi alle cosiddette ‘mammane’, delle donne che praticavano l’aborto illegalmente e con strumenti improvvisati. Per fortuna non si sentono più cose del genere… verrebbe da pensare. Invece non è così. Come abbiamo visto l’Irlanda, è arrivata solo adesso ad ascoltare la volontà espressa da una grande maggioranza (66,4%) del popolo attraverso il referendum sull’aborto, prima le donne irlandesi erano costrette a viaggiare per poter praticare l’aborto. Ma, a pensarci bene, anche in realtà dove l’aborto è già legge da tanti anni, le cose non vanno proprio nel verso giusto. Come avviene in Italia, dove pur essendo un diritto l’aborto, spesso e volentieri, viene contraddetto dagli obiettori di coscienza che decidono di non applicarlo. Non che non sia giusto proclamarsi obiettore di coscienza, ma è giusto che una legge possa essere applicata. La pratica dell’obiezione di coscienza, infatti, rischia quasi di invalidare la messa in atto di una legge approvata da ben 40 anni. È così che si può morire ai giorni d’oggi in Italia dove 7 medici su 10 si dichiarano obiettori. Ci sono Regioni e città in Italia, infatti, dove è quasi impossibile abortire. Nel Molise sono obiettori il 93,3% dei ginecologi, il 92,9% a Bolzano, il 90.2% in Basilicata, l’87,6% in Sicilia, l’86,1% in Puglia, l’81,8% in Campania, l’80,7% nel Lazio e in Abruzzo. In altre parole, si tratta del 70% dei medici in tutta Italia, ovvero una delle percentuali più alte a livello internazionale: in Gran Bretagna il tasso è sceso al 10%, in Francia al 7%, in Germania al 6% e in Svezia allo 0%. Basterebbe garantire la presenza di almeno un medico non obiettore nei reparti di ginecologia degli ospedali italiani ed evitare che in interi ospedali operino solo obiettori. L’Irlanda con l’abrogazione dell’ottavo emendamento in favore di una legge che sancisce il diritto all’aborto per la donna, lascia ben sperare, anche se anche se con 40 anni di ritardo rispetto all’Italia. A pensarci bene, ciò significa che è come se l’Irlanda si fosse allineata all’Italia sulla questione, ma vuol dire anche che siamo fermi da 40 anni, non sarebbe il caso di andare avanti?
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