Settimana pesante per il grande cinema che registra due perdite importanti. Sabato 10 gennaio muore Francesco Rosi, uno dei più grandi registi italiani. Il giorno dopo il Cinema piange un’altra grande perdita, l’11 gennaio muore Anita Ekberg, la grande musa ispiratrice di Fellini e sogno erotico di tutti gli italiani di un tempo
È il grande Cinema di una volta che però non rimane relegato al passato ma che è anche di tutti i tempi, il cinema che non si fa più, delle pellicole in bianco e nero e dei primi colori, il cinema che guarda alla società, che indaga sui tempi e sulle personalità, quello bello affascinante, dei sogni evasivi e della “dolce vita”. Da una parte il cinema impegnato e di denuncia reso attraverso lo sguardo lucido e attento di un cineasta appassionato e combattivo, dall’altro il cinema sognante ed evasivo reso attraverso le forme conturbati e il volto angelico dell’attrice svedese.
Francesco Rosi nasce a Napoli il 15 novembre del 1922, ma come regista nel ’57 con il suo primo film La sfida. Seguiranno grandi titoli come Salvatore Giuliano (1962), film inchiesta sulla morte del bandito siciliano che gli valse l’Orso d’argento per il miglior regista; Le mani sulla città (1963), in cui indaga le collusioni fra organi dello Stato e lo sfruttamento edilizio napoletano e per il quale riceve il Leone d’oro; Uomini contro (1970) sull’assurdità della guerra; Il caso Mattei (1972), thriller politico sulla misteriosa morte dell’imprenditore Enrico Mattei interpretato da Gian Maria Volontè con cui ha vinto la Palma d’oro al Festival di Cannes; Lucky Luciano (1973), sulla mitica figura di Salvatore Lucania, boss della criminalità italoamericana di New York; il profetico Cadaveri eccellenti (1976), capolavoro di denuncia e tensione. Più recenti, invece, i film Dimenticare Palermo (1990), con James Belushi, Vittorio Mezzogiorno, Philippe Noiret e Giancarlo Giannini e La tregua (1997), tratto dal romanzo omonimo di Primo Levi.
“Il cinema, allora, era una grande famiglia, è vero. C’era un rapporto di comprensione, anche di affetto. Poi ci sentivamo tutti parte di una grande avventura, far rivivere sullo schermo la vita” scrive Rosi nel libro del 2012 a quattro mani con Giuseppe Tornatore Io lo chiamo Cinematografo (Mondadori 2012). Per il cineasta napoletano fare cinema era una cosa impegnativa soprattutto a livello morale perché lo spettatore deve ricevere la verità dei fatti raccontati dopo una attenta e scrupolosa ricerca. Poco importa se il risultato non è quello voluto, ciò che conta è la ricerca stessa della verità e il fatto che sia stata condotta con onestà, come dice a Venezia, durante la sua ultima premiazione pubblica, quando riceve il Leone D’Oro alla carriera. In quell’occasione Rosi spiegò meglio cosa vuol dire per lui l’impegno di fare cinema “significa contrarre un impegno morale con la propria coscienza e con lo spettatore. Gli si deve l’onestà di una ricerca della verità senza compromessi. Più ci si addentra nel reale e più si ha coscienza che la certezza del vero e del giusto non esiste. Ma quel che conta è la nitidezza della ricerca”. Rosi muore all’età di 92 anni lasciando così la sua importate eredità al cinema di tutto il mondo. Il cineasta è stato celebrato in una cerimonia civile lunedì mattina, 12 gennaio alla Casa del cinema di Roma dove sono intervenuti i suoi amici più cari.
Una delle scene più rappresentative del cinema italiano degli anni ’60 è quella che vede un’affascinante donna, dalle forme avvenenti e dalle movenze volitive, immergersi nelle acque della fontana di Trevi. Era una bellissima e giovanissima Anita Ekberg nel ruolo di Sylvia in “La dolce vita” di Federico Fellini. Da quel momento l’attrice svedese sarà l’icona incontrastata di quella “dolce vita” e la musa del Maestro e per lui realizzerà diversi film di successo come Boccaccio 70 (1962), I clown (1970) e L’intervista (1987). Bella, intelligente, disinvolta ed emancipata, Anita Ekberg ha per anni rivestito il ruolo di donna desiderata e desiderabile non solo nel cinema, ma anche nella vita. Nella seconda metà degli anni Sessanta la Ekberg diventerà “italiana”, spostando la propria residenza nel nostro Paese e continuerà a lavorare come attrice anche se le sue apparizioni saranno sempre più ridotte. Reciterà, nel 2002, in due episodi della fiction Il bello delle donne, su Canale 5. E nel 2010 sarà intervistata da Carlo Conti nella trasmissione, I migliori anni, per il cinquantesimo anniversario de La dolce vita per ricordare quelli che furono i suoi migliori e dolci anni. La Ekberg è morta all’età di 83 anni nella clinica San Raffaele di Rocca di Papa, in provincia di Roma, dove era ricoverata da tempo. I funerali sono stati celebrati nella chiesa svedese di Piazza Farnese a Roma, dopo l’attrice sarà cremata e le sue ceneri riposeranno a Malmo.