Ha vinto uno dei film più belli visti a questa 27esima edizione del Torino Film Festival, ‘La bocca del lupo’, primo lungometraggio di Pietro Marcello, storia, vera, dell’ amore tra Enzo, uscito dal carcere dopo 30 anni, e Mary, attempata trans vissuta per anni nei carugi di Genova.
Si sono conosciuti in carcere, dove Enzo ha imparato tutto, a leggere e scrivere e ha preso il diploma da elettrotecnico, e Mary ha scontato una pena molto più lieve.
Sullo sfondo c’è una Genova che non c’è più, abitata da un sottoproletariato, di cui fa parte Enzo, siciliano trapiantato in via Prè, Via del Campo e dintorni, da quando aveva due anni. Nel film, commissionato a Marcello dalla Fondazione Marcellino dei Gesuiti di Genova, innamorata del suo precedente documentario ‘Il passaggio della linea’ visto e già premiato alla 64esima Mostra di Venezia, non è mai banale, scontato. E’ un pugno allo stomaco di marca pasoliniana, ma anche una carezza al cuore per chi ama il cinema di storie.
Quella di Enzo e Mary è la Storia. Di due esseri umani e del loro amore al di là di ogni sovrastruttura. I due si sono conosciuti durante l’ora d’aria e ascoltando le reciproche vocinei corridoi. Si amano per 4 mesi in carcere “i più belli della mia vita, nei quali ho ridato un senso a tutto”, dice Mary. Poi Mary aspetta Enzo per 7 anni e ora vivono insieme, sempre nella vecchia Genova.
“I 14 anni più belli della mia vita”, dice Enzo. “Andavo in giro per il centro storico di Genova per raccogliere idee sul film – ha raccontato il regista – quando ho incontrato la faccia pazzesca di Enzo e non l’ho più lasciata”.
La faccia di Enzo è straordinaria, consumata dalla vita, con caratteri somatici siciliani al di là del ponderabile. “Mio padre era un marittimo – ha raccontato il regista, nato a Caserta – e si imbarcava a Genova, conosco quel mondo e ho cercato di raccontarlo perché non c’è più, perchè ne resti qualcosa”. Marcello è molto timido. Come il suo film.
Che urla in silenzio, che conquista lo spettatore anche per la sua natura molto innovativa. “La vera notizia – ha detto il produttore Dario Zontav – non è tanto che questo film abbia vinto, quanto che sia stato messo in concorso da Gianni Amelio. Non è una fiction, come gli altri in concorso, nè un documentario, è ‘altro cinema’.
Ai quali, dopo oggi, è stata aperta la porta nei festival. Ecco forse, perchè è il primo film italiano che ha vinto il Tff. Perchè ha spaesato. Sicuramente ‘La bocca del lupo’ è innovativo, nei modi e nella tecnica. C’è dietro anche un notevole lavoro d’archivio che ha permesso di raccontare la vecchia Genova con pezzi di repertorio.
“Lavoro fondamentale per il film’’, ha detto Marcello. Film a bassissimo costo, di poco superiore ai 100.000 euro. Il premio del Festival, che consiste in 25.000 euro, servirà a pagare maestranze ancora non pagare fino ad ora.
E’ stato preso da Bim e Rai Cinema che lo distribuiranno in sala e in tv.