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22 November 2024
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Interviste

“Bambini proibiti”: perché la storia non si ripeta!

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contastorie2014Spesso la vita del migrante è dura e ricca di difficoltà giornaliere, e per gli italiani che tempo addietro arrivarono in Svizzera lo era in maniera particolare. A rendere tutto più difficile era la condizione di clandestinità a causa della quale molti di loro, a quel tempo solo dei bambini, erano costretti a vivere nascosti.  Nel suo libro “Bambini proibiti”, la psicologa infantile Marina Frigerio raccoglie le testimonianze di chi ha vissuto in clandestinità e offre uno spunto di riflessione sui problemi dei cosiddetti “sans papiers” di oggi. L’autrice sarà protagonista dell’incontro culturale organizzato da Villa Grunholzer e dall’Associazione Culturale Svizzera Italiana, venerdì 21 marzo (alle 19:30 nei locali di Villa Grunholzer di Uster). Ad accompagnare la scrittrice con le canzoni dei migranti ci saranno i musicisti Umberto Castra e Luigi Fossati. Abbiamo rivolto qualche domanda a Marina Frigerio, per capire meglio di cosa si tratta

Bambini proibiti è un libro che denuncia la dura realtà della clandestinità infantile, a cui molti italiani immigrati sono stati costretti a ricorrere, che ormai, fortunatamente, non esiste più. Come mai ha deciso di scrivere questo testo?

Ho sentito forte il bisogno di rinfrescare la memoria agli italiani qualche anno fa, leggendo su Repubblica che Letizia Moratti, allora sindaca di Milano, aveva deciso di vietare la frequenza degli asili nido e delle scuole materne ai bambini senza statuto legale. La votazione del 9 febbraio e la pressione politica dell’UDC per reintrodurre lo statuto dello stagionale hanno reso queste storie attualissime anche in Svizzera. Bambini proibiti uscirà dunque a maggio in versione tedesca con la prefazione di Franz Hohler (Marina Frigerio, “Verbotene Kinder”, Rotpunktverlag Zurigo). Un altro motivo che mi ha spinto a rivangare il passato è la costatazione di come l’esperienza della clandestinità e della separazione hanno creato una barriera tra le generazioni. Molti figli non perdonano ai genitori il fatto di averli “costretti” a vivere in condizioni così tremende. Solo collocando quelle vicende personali nel contesto storico in cui avvennero è possibile fare i conti col passato e riconciliare le famiglie.

Come racconta in Bambini proibiti, i figli degli stagionali italiani erano costretti o a vivere in clandestinità o ad essere messi in istituti, ma in entrambi i casi le ripercussioni sul bambino o sull’intera famiglia erano pesanti, in alcuni casi anche gravi. È possibile al giorno d’oggi ritrovare situazioni simili?

Sì. Purtroppo anche oggi nei paesi industrializzati tanti bambini vivono in condizioni precarie, senza che i loro diritti vengano rispettati. Sono soprattutto i figli dei Sans Papiers qui in Svizzera, quelli dei migranti senza permesso di soggiorno in Italia, i figli delle tante badanti, cui si affidano gli anziani ma si nega il permesso di ricongiungimento famigliare. In Italia poi la legge Bossi-Fini stabilisce il reato d’immigrazione clandestina e accusa di favoreggiamento chi aiuta i naufraghi. I medici poi dovrebbero denunciare le persone senza permesso di soggiorno che si rivolgono agli ospedali e agli ambulatori. Qui in Svizzera ci sono politici come il vallesano Freysinger, consigliere di stato UDC, che vorrebbero obbligare gli insegnanti a denunciare i bambini “clandestini”. E pensare che il diritto alla scuola è stato una delle conquiste più importanti che ottenemmo ai tempi in cui i clandestini erano italiani, spagnoli e portoghesi! Anche oggi la disobbedienza è urgente e necessaria.

Che idea si è fatta dei bambini, oggi uomini e donne, che hanno vissuto la dura esperienza della clandestinità in Svizzera?

Sono molto colpita dalla forza che hanno mobilizzato tanti ex bambini “clandestini” o cresciuti in collegi lontano dai genitori. Moltissimi sono riusciti con l’aiuto di persone amiche e solidali a costruirsi una vita “dopo” quell’esperienza devastante. Ho conosciuto però anche persone che non hanno potuto elaborare quel dolore e si sono ammalate psichicamente, sono diventate tossicodipendenti o hanno iniziato a bere. Mi ricordo che ai tempi del Platzspitz l’italiano era la lingua franca in quei posti terribili di spaccio e consumo. Lì si riunivano tanti figli di migranti che erano stati bambini negli anni settanta, quelli forse più duri per le famiglie italiane in Svizzera.

Come sa benissimo, l’Italia negli ultimi anni da terra di emigrazione sta diventando terra di immigrazione. Come crede che l’Italia possa affrontare questa delicata problematica considerando che le condizioni in cui versa l’Italia non sono le stesse della Svizzera ai tempi dell’arrivo dei migranti italiani?

Prima di tutto è urgente “ritrovare la bussola”. Le migliaia di migranti, tra cui moltissimi bambini, che annegano nel tentativo di raggiungere le nostre coste rappresentano un’emergenza umanitaria. Nel Mediterraneo si sta consumando un Olocausto moderno. L’Italia deve collaborare con gli altri paesi europei e creare corridoi umanitari per chi fugge dalle guerre e permettere l’ingresso legale per chi vuol entrare in Europa. Per venire dalla Libia in Italia basterebbe comprare banalmente il biglietto e imbarcarsi su un traghetto di linea. Finirebbe così la tragedia delle morti in mare e Lampedusa potrebbe tornare a essere quello che era. La paura di venir invasi dal Sud del mondo secondo me è ingiustificata. Chiudendo gli occhi e lasciando andare le cose come ora la gente disperata continuerà a morire in mare e quelli che ce la faranno ad arrivare continueranno a sbarcare e cercheranno di arrangiarsi. Ci vorrebbe una politica di accoglienza non limitata ai paesi che si affacciano sul Mediterraneo ma sostenuta dal Nord Europa. Oltre a questo è necessario ridistribuire le risorse e creare occasioni di lavoro e sviluppo nei paesi di provenienza dei migranti. Mi arrabbio molto quando si obietta che queste sono idee da sognatori e idealiste. La ricchezza non è distribuita equamente e il Nord del mondo si arricchisce da secoli alle spalle del Sud. Questa è una realtà ingiusta che va cambiata subito. È ora di finirla di far pagare queste contraddizioni ai migranti.

 

Parlando di immigrazione, in seguito ai risultati dell’ultimo referendum la Svizzera ha deciso di porre dei limiti all’ingresso di cittadini stranieri: cosa ne pensa?

I risultati dell’ultimo referendum sono uno scandalo. Lo schiaffo partito ai tempi di Schwarzenbach ci ha colpito oggi in piena faccia. Trovo la politica dell’UDC e della Lega dei ticinesi irresponsabile. Un paese come la Svizzera, che da oltre un secolo ha assoluto bisogno dei migranti, non può basare la propria politica sui divieti e sull’esclusione. Dopo la votazione molta gente che lavora qui ma non ha la cittadinanza svizzera si è sentita rifiutata. Alcuni professori universitari e dirigenti d’azienda se ne stanno andando. Molti di quelli che hanno votato “si” si stanno rendendo conto che si è trattato di un autogol: multinazionali intenzionate ad aprire sedi in Svizzera ci ripensano, l’Erasmus viene sospeso, diversi settori dell’economia rischiano la crisi. Quel che trovo incredibile è che anche gente con un passato di migranti abbia sostenuto l’iniziativa UDC. Non si può negare agli altri quello che abbiamo voluto per noi!

Oltre che la sua storia, il libro include una dedica ad Angelo Tinari, una persona che ha significato tanto per l’immigrazione italiana. Ci vuoi lasciare un ricordo della vostra amicizia?

Angelo Tinari era una persona eccezionale, un vulcano d’idee che si lasciava commuovere dalla sofferenza degli altri. Per me è stato un fratello maggiore. Mi manca molto.  Sono felice che sia riuscito a leggere il manoscritto e la dedica prima di morire. Per me è stato un modo per dirgli ancora quanto bene gli volevo.

 

Quali effetti si augura possa suscitare la lettura delle storie del tornitore Renato, delle operaie Mariella e Rosaria, del muratore Tonino e di tutti gli altri?

Spero che i lettori e le lettrici riescano a immedesimarsi provando sentimenti di simpatia e solidarietà per i protagonisti. Mi auguro anche che le esperienze di chi mi ha affidato la propria storia, contribuiscano a sensibilizzare sulle conseguenze delle attuali politiche verso i migranti che sia in Svizzera che in Italia sono durissime.

 

 

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