Giorni fa, a Zurigo, un numero inaspettato di italiani ha assistito allo spettacolo teatrale Perché no, di Marco Travaglio.
Raramente si è vista tanta gente e raramente si è visto tanto genuino entusiasmo per un evento.
In questi anni si è sempre sentito il solito mantra: se vuoi riempire una sala, prometti aperitivi, assaggi, bevande in omaggio… e avrai il pienone! Scambiando gli italiani per buoi affamati e scrocconi.
Nessuno dei nostri politicanti poteva immaginare, e ancora non riesce a spiegarsi, come uno spettacolo teatrale possa appassionare e invogliare delle persone a pagare un biglietto e trascorrere due ore filate ad assistervi senza dare segni di stanchezza.
Immaginiamo le facce dei fautori del SÌ, che speravano in una sala vuota, in un Travaglio solo e depresso, venire a conoscenza che già un’ora prima dell’inizio la sala era gremita, e che alle 23.00 il giornalista era ancora a intento a firmare dediche. Immaginiamo quelle povere facce deluse e preoccupate, e un po’ ci dispiace.
E li immaginiamo già intenti a organizzare bus di spettatori con pranzo al sacco per assistere all’incontro con qualche sostenitore del SÌ, in qualche domenica novembrina e grigia, quelle domeniche in cui chiunque pagherebbe qualsiasi cosa pur di ammazzare il tempo con un diversivo. Il tutto con la speranza che la sala non si svuoti dopo una mezzora con la scusa di una sigaretta, che nessuno si addormenti, che nessuno interrompa sudati ragionamenti.
Li immaginiamo e ci inteneriscono questi Yes-men di partito, pronti a seguire chi comanda e tremare quando il capo inizia tremare, e come sempre: ad abbandonare quando il capo inizia a cadere. Yes-men che vivono di riflesso, si emozionano di riflesso, che non sanno cosa voglia dire No, io non ci sto. Yes-men che oggi votano SÌ e sono renziani, che ieri votavano Bersani, l’altro ieri portavano i baffi alla D’Alema e domani chissà su quale carro vincente saliranno.
Antonio Ravi Monica