Bentornata America. Ci eri mancata. L’America delle libertà e dell’autodeterminazione. Dei movimenti femministi e studenteschi degli anni ’60. Della lunga marcia per i diritti civili da Martin Luther King al Black Lives Matter.
Quella stessa America che ha permesso anni fa a Barack Obama di diventare il primo presidente statunitense di origini afroamericane. E, oggi, alla figlia di immigrati indiani e giamaicani di passare alla storia come la prima vicepresidente donna della Casa Bianca.
L’elezione del duo Biden-Harris è un’iniezione di speranza. Per gli Stati Uniti. Per l’Europa. E per il mondo intero.
Così come lo è il nuovo Congresso. Che diventa più inclusivo. Non solo con la riconferma delle deputate liberal-dem Ilhan Omar, Alexandria Ocasio-Cortez, Rashida Tlaib e Ayanna Pressley. Ma anche la neosenatrice Sarah McBride, la persona transgender con l’incarico istituzionale più alto negli States ed ex portavoce dello Human Rights Campaign. Oppure i primi due deputati di colore ed omosessuali della storia americana, Richi Torries dal Bronx e Mondaire Jones, nato in una famiglia di condizioni molto modeste e laureato ad Harvard.
Sono tutti simboli di un’America del merito e dell’uguaglianza. Che sembrava offuscata da quattro anni di populismo urlato e arrogante. Un populismo al quale i cittadini statunitensi si sono ribellati, andando a votare in massa. Il 67 per cento degli aventi diritto. Non si vedeva così da cento anni.
Dobbiamo stare attenti, però, a non abbassare la guardia. Il voto Americano ha dimostrato che il trumpismo era tutt’altro che un virus passeggero. Non un malessere temporaneo ma l’onda lunga di un fenomeno che dobbiamo arginare. Al di là dei risultati delle urne, durante il suo mandato Trump ha accresciuto il suo consenso. Nel 2016 votarono per lui poco meno di 63 milioni di persone. Oggi sono quasi 69.
Nonostante questo Presidente abbia soffiato su qualsiasi tema fosse divisivo portandolo fino all’esasperazione. Nonostante abbia aggredito verbalmente qualsiasi minoranza. Nonostante abbia gestito in maniera pessima l’emergenza sanitaria. E si lasci alle spalle più di 230mila vittime per Covid.
In campagna elettorale, Joe Biden ha annunciato la sua volontà di radunare il popolo democratico di fronte alle maggiori priorità della comunità internazionale. Il ritorno americano alla conferenza di Parigi sul clima, lo sviluppo delle energie rinnovabili, il rilancio dell’accordo sul nucleare iraniano, un rapporto finalmente di nuovo più stretto e aperto con l’Europa.
E noi crediamo fortemente nella promessa del neopresidente. Perché è un invito al progresso e alla distensione. Soprattutto in un momento come questo, in piena pandemia, dove appariva veramente assurda ed egoistica la scelta americana di non contribuire più all’Organizzazione mondiale della salute.
Il rapporto di amicizia tra Europa e America è mutato ed evoluto nel tempo. Dagli sbarchi di Anzio e Normandia passando attraverso la cortina di ferro. Per arrivare ai tempi maturi di un’Europa unita ed integrata. E oggi, finalmente riuniti, possiamo tornare a pensare di affrontare insieme le nuove sfide globali che l’attualità impone. La questione climatica. Così come l’emergenza sanitaria.
Ecco perché l’elezione di Biden-Harris è un bellissimo segnale di speranza. Per noi europei. E per il mondo intero. Perché possiamo finalmente dire di tornare a credere nel sogno americano. Quel sogno che ha conquistato intere generazioni, per le quali gli States erano il luogo dove puoi essere ciò che vuoi. Basta volerlo. E impegnarsi.
Ora sentiamo che è di nuovo così. E non vediamo l’ora di sognare di nuovo. Insieme. Europa e America uniti nel patto atlantico. E nell’amicizia tra i nostri popoli.
Per tutti questi motivi, well done America. E, ancora una volta, bentornata.
Laura Garavini