Napolitano vorrebbe un governo subito e di larghe intese, ma nel centrosinistra si esclude per ora il cosiddetto piano B
La direzione del Pd ha dato il sostegno a Bersani in quella che è stata definita l’”operazione dialogo” con Grillo nel tentativo di ottenere al Senato la fiducia dei Cinque stelle. Il voto è stato unanime, doveroso, leale, ma dietro l’unanimità ci sono contrasti che per ora non potevano essere espressi, se non altro perché Bersani è il Segretario del Pd e dunque la sconfessione anche di una parte del Pd sarebbe suonata come una pugnalata alle spalle.
Il problema politico, però, resta. Bersani insiste nella richiesta del voto di fiducia a Grillo che glielo nega con insulti vari. Se, come è prevedibile, Napolitano gli darà l’incarico e Bersani chiederà in Parlamento un voto di fiducia che non otterrà, secondo gli analisti politici, farà ricadere la colpa sul M5S che verrebbe additato all’opinione pubblica come una forza irresponsabile. Ma è veramente così? Un sociologo vicinissimo al Pd, come Luca Ricolfi, su La Stampa ha criticato aspramente gli otto punti che Bersani ha offerto a grillo per la fiducia, dicendo che il centrosinistra non avrebbe capito nulla dal voto di protesta degli italiani. In sostanza, ha scritto Ricolfi, si tratta di otto punti generici e in puro stile politichese, in alcuni casi con una citazione talmente veloce che nasconde l’inganno, al punto da dirsi “sconcertato”. Ecco un passaggio illuminante del suo articolo: “Non c’è nessuna idea veramente nuova, solo tanta supponenza (…) silenzio assoluto sulla sua (di Grillo) proposta chiave e cioè l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti (…) avvio della universalizzazione delle indennità di disoccupazione, avvio dello Spending review, programma pubblico-privato per la riqualificazione del costruito”, eccetera. Se Grillo non voterà la fiducia, avrà buon gioco a dimostrare che gli otto punti di Bersani sono solo parole.
In realtà, Bersani, se non otterrà la fiducia, avrà modo di chiedere e di ottenere le elezioni, alle quali andrà proponendo a Monti un’alleanza preventivamente dichiarata e chiedendo il sostegno degli elettori. Proviamo a fare due calcoli. Monti ha ottenuto 18 senatori. Li otterrà di nuovo? Dubitiamo, anche perché gli elettori di Fini sono spariti, ma difficilmente voteranno a sinistra. Gli elettori dell’Udc, ridotti all’1,78%, hanno votato Monti leader del centro, ma difficilmente lo voteranno come parte debole di uno schieramento di sinistra centro. Il centrosinistra, da quest’operazione, non solo potrebbe uscire non vincitore, ma potrebbe benissimo perdere, specie se i consensi a Grillo, dato ulteriormente in aumento, dovessero confermarlo addirittura non solo primo partito, ma anche prima coalizione. Ci sarebbe, dunque, il rischio, niente affatto remoto, che Grillo possa avere la maggioranza assoluta sia alla Camera che al Senato.
Fantapolitica? Per i sondaggi è la realtà.
In ogni caso, Napolitano ha detto che fin quando lui sarà presidente della Repubblica (il suo mandato scadrà il 21 aprile) non potrà, Costituzione alla mano, sciogliere le Camere appena elette in quanto gli ultimi sei mesi del mandato presidenziale fanno scattare il famoso “semestre bianco”. Dunque, perché si realizzi l’ipotesi Bersani o Napolitano si dimette prima dell’incarico, in modo che sarà il nuovo presidente ad affidargli l’incarico e se non avrà la fiducia si andrà alle elezioni a giugno oppure con i tempi non ci siamo. Se ne perderebbe troppo e l’Italia non può permetterselo con la crisi che diventa sempre di più una tragedia per l’economia, come ricordava Luigi La Spina su La Stampa di sabato scorso. D’altra parte, si sa che Napolitano, proprio sotto l’incalzare della crisi, vorrebbe un governo di larghe intese, senza Grillo, ritenuto inaffidabile sia nel merito (referendum sull’euro, settimana lavorativa di 20 ore), che nel metodo (la politica fatta sulla rete e con gl’insulti). Se Grillo accettasse di votare la fiducia, è ben possibile che si creerebbero più problemi di quanti se ne risolverebbero.
Montanelli, più di dieci anni fa, disse che le forze politiche sarebbero maturate solo dopo un paio di tornate in cui l’uno e l’altro schieramento avrebbero dato il peggio di sé. Si sbagliava. Di tornate ce ne vogliono di più, tante di più, e non è sicuro che gli avversari impareranno a rispettarsi.
Dicevamo di Napolitano che vorrebbe l’assunzione delle responsabilità da parte di ognuno. Il centrosinistra, da “vincitore perdente”, ha la facoltà di guidare il governo. Bene, lo faccia coinvolgendo i soggetti interessati, perché dalla crisi o si esce con il concorso di tutti o perde tutto il Paese. In Germania c’è stata la grande coalizione ed è servita sia alla maggioranza attuale, sia a chi, come la Spd, potrà alle prossime elezioni diventarlo, ma a suo tempo hanno scongiurato l’ingovernabilità, che specie in questi tempi non fa che aggravare ancora di più la crisi.
Il largo sostegno di cui ha goduto Monti da tecnico potrebbe diventare politico con un presidente del Consiglio di centrosinistra. Si dirà che Pd e Pdl sono inconciliabili, ma non è vero, centrosinistra e centrodestra hanno ottenuto un quasi uguale numero di voti, non è possibile che il popolo italiano debba per l’eternità, per i pregiudizi di qualcuno, riprodurre la lotta di otto secoli fa tra guelfi e ghibellini. Le vicende giudiziarie colpiscono più Berlusconi, ma solo perché in Italia la giustizia è faziosa. E poi, chi ha detto che l’ex premier dovrebbe entrare nel governo? Siamo certi che il primo a non volerlo fare di persona sarebbe lui. In ogni caso, banche e gestione della cosa pubblica hanno dimostrato che nessuno, tra partiti e uomini politici, può fare la morale all’altro. Dunque, torni la politica.