Questa volta l’Italia si ritira prima ancora di scendere in campo. Lo scorso 14 febbraio il governo Monti ha detto no alla candidatura di Roma ai Giochi olimpici 2020. Il presidente del Consiglio ha spiegato che la bocciatura è legata alla volontà di non mettere in dubbio la consapevolezza guadagnata presso i mercati e le istituzioni dell’Ue. Il governo non poteva dare una garanzia in bianco. Gli italiani non avrebbero capito, in un periodo nel quale sono stati chiesti loro molti sacrifici. La decisione di Monti è stata sofferta, ma la candidatura avrebbe compromesso le prospettive di crescita e scaricato responsabilità sulle generazioni future. A scoraggiare il governo anche l’esempio di Atene 2000, che ha contribuito al dissesto della Grecia, ma anche il rischio di un nuovo scandalo e di malaffare (vedi Mondiali di nuoto 2009). La decisione ha deluso il sindaco di Roma Alemanno e il presidente del Coni Petrucci. Alemanno non condivide le motivazioni di Monti, anche perché si è rinunciato a una candidatura vincente. Petrucci accetta la decisione, ma resta il più avvilito. Avrebbe preferito la risposta prima dell’ultimo giorno che ha preceduto la scadenza della consegna alla sede del Cio e ha ricordato “di finire di associare le manifestazioni sportive a scandali e malaffare”. Elogi invece da parte di due campioni dello sport italiano: Pietro Mennea e Livio Berutti, che vinse a Roma ’60. Per i prossimi anni l’Italia rinuncerà dunque a organizzare eventi sportivi. Di Giochi olimpici (estivi) se ne riparlerà presumibilmente per l’edizione del 2032. Per la cronaca: in corsa per le Olimpiadi 2020 restano Madrid, Istanbul, Baku, Doha e Tokyo.