Anche se la Nazionale italiana di calcio è tornata casa, tanti continuano a seguire con molto interesse i mondiali 2014, abbiamo fatto una raccolta di studi psicologici interessanti sul calcio che dimostrano quanta influenza questa ha sul comportamento e sulle partite stesse…
Il calcio ha molto più a che fare con effetti e teorie psicologiche di quanto uno possa pensare, già il calciatore tedesco Lothar Matthäus una volta ha detto: “Se ci si mette in testa che si è stanchi, allora lo si diventa”.
Show o calcolo?
Vediamo spesso come alcuni giocatori si presentano a gambe larghe e con un atteggiamento che ricorda un gorilla arrabbiato, una posizione arrogante che dimostra senz’altro la sicurezza in sé stessi. Pensiamo ad esempio a Cristiano Ronaldo, con la sua acconciatura perfetta e il petto muscoloso o a Mario Balotelli con la sua famosissima posizione. Quello che nel primo momento può sembrare solo uno show, sarebbe soprattutto calcolo: questi uomini lottano con tutti i mezzi, tra cui anche la psicologia. In realtà quelle posizioni che possono somigliare al comportamento di una scimmia, sarebbe un “atteggiamento dominante”, secondo Daniel Memmert dell’istituto superiore per la ricerca nel campo del gioco sportivo e la cognizione. Secondo uno studio questo comportamento potrebbe perfino decidere su vittoria o fallimento. “La cosa più impressionante è che la persona di fronte non ha idea del fatto che viene manipolato”, spiega Memmert. Durante lo studio sono stati valutati le capacità di portieri e giocatori, quelli dominanti sono stati considerati più bravi, questo effetto sarebbe un fenomeno normale dell’evoluzionismo, la dominanza suscita intimidazione, questo in tempi passati era importante per sopravvivere. “È la stessa cosa come nel regno animale, quello che lì è dimostrato da tanto tempo, ora lo abbiamo potuto dimostrare” constata Memmert.
È vero che la squadra che gioca in casa ha un vantaggio
Questo vantaggio non è dovuto solo al sostegno che i tifosi danno durante la partita, ma dipende tutto anche dall’arbitro. Lo studioso Alan Nevill dell’Università di Wolverhampton lo ha dimostrato in uno studio del 2005 facendo vedere agli arbitri scene discutibili di una partita di calcio. Gli arbitri dovevano decidere se è fallo o no, una parte sentiva di sottofondo rumori di tifosi, gli altri no. Il risultato era che una volta su tre l’arbitro che sentiva le grida dei tifosi decideva maggiormente per la squadra che giocava in casa.
Tanti ex-giocatori soffrono di depressioni
Sarebbe sempre più frequente che ex-giocatori di calcio professionisti dopo la loro carriera soffrono di depressioni e di attacchi di panico. Questo risulta da uno studio dell’Unione mondiale di giocatori FIFPro. “Confrontando i partecipanti ex-professionisti con quelli che attualmente sono attivi, più ex-giocatori hanno dichiarato di avere disturbi di salute psichici”, ha dichiarato il medico responsabile dello studio Vincent Gouttebarge. Ben il 39% degli ex-giocatori (su 300 partecipanti) hanno dichiarato di soffrire di depressioni e attacchi di panico, dei giocatori attivi il 26% ha dichiarato di avere questi problemi. “Contrariamente all’opinione pubblica, la vita di un giocatore di calcio professionista ha anche un lato oscuro”, dice Gouttebarge. Soprattutto dopo la fine della carriera “abbiamo costatato che si registrano più frequentemente malattie mentali da ex-giocatori che nel resto della popolazione.”
Il colore della maglietta ha un’influenza
Gli psicologi americani Mark Frank e Thomas Gilovich hanno dimostrato già in uno studio pubblicato nel 1988 che il colore della maglietta può avere un’influenza sulla partita. Hanno dimostrato che l’arbitro spesso ha deciso contro, quindi suonano un fallo alle squadre che giocano con magliette nere. Questo sarebbe dovuto ad un modello di ragionamento: il colore nero ha il significato di aggressività.