Italiani con la valigia e la laurea in tasca pronti ad emigrare pur di trovare un lavoro ben retribuito. Cambia la tipologia di chi sceglie di trasferirsi all’estero, aumentano le fughe di cervelli. È stato presentato da poco il rapporto “Emigrante 2015” con oltre 4.6 milioni di italiani all’estero. Per saperne di più Leo Caruso di Radio Lora Italiana ha intervistato la curatrice del rapporto Delfina Licata
Ci può fare un’analisi della situazione attuale?
Sono 10 anni che la fondazione emigrantes annualmente edita un rapporto sugli italiani nel mondo e la cosa importante che emerge proprio da questi 10 anni di studio, durante i quali la mobilità italiana è cambiata profondamente, è aumentata di oltre il 49%. È un rapporto che parte dai dati, ma che cerca di interpretare e analizzare la situazione dell’emigrazione italiana e le caratteristiche principali della storia di questi 10 anni di mobilità globale. In particolare da gennaio a dicembre del 2014 sono stati 101 000 i connazionali che hanno deciso di cambiare la residenza dall’Italia a un paese dell’estero. Sono aumentati in un solo anno del 7%, se si pensa che l’anno prima erano 94’000 e due anni fa erano 78’000, è un crescendo continuo che a livello demografico statistico non vede un ridimensionamento. È una crescita possente che non tende a diminuire che va ad interessare non soltanto le categorie di lavoro fondamentali. Pensiamo che di questi 101’000, il 35.6% ha tra i 18-34 anni ma quello che vediamo anno per anno è che la mobilità incomincia ad interessare anche gli over 50enni. Si intende anche una serie di difficoltà economiche ed occupazionali che interessando varie categorie di lavoratori italiani che finiscono per incidere nella decisione di lasciare il paese.
Anche per quanto riguarda le regioni di provenienza c’è qualche novità interessante in questo rapporto…
Sì, l’origine regionale dell’intera comunità degli italiani residenti all’estero è meridionale o comunque incidono moltissimo (oltre 52%) le regioni dell’Italia del Sud. Si vede invece che le partenze di quest’ultimi anni interessano al contrario le regioni del Nord Italia, quindi Lombardia, Veneto e Piemonte, è una caratteristica questa che ci porta un po’ alle partenze dell’Italia del fine 800 inizi 900. I trasferimenti interessano soprattutto l’Europa e nell’ordine Germania, Regno Unito al terzo posto la Svizzera, ma nelle prime dieci posizioni troviamo anche dei paesi storici dell’emigrazione italiana, come l’Argentina, il Brasile e gli Stati Uniti. Nella statistica generale le partenze hanno interessato più di 110 province italiane e le mete di destinazione che abbiamo rintracciato sono 196. Una mobilità estremamente interessante ma allo stesso tempo complessa per chi la vuole studiare. Per questi 101’000 che hanno cambiato la residenza e quindi sono iscritti all’anagrafe degli italiani residenti all’estero tra gennaio e dicembre 2014 con motivazione di espatrio abbiamo più di 20’000 minori e di questi 20’000 quasi 13’000 hanno meno di dieci anni. Questo significa che nell’identikit generale parliamo più di uomini che di donne in età tra i 18 e i 34 anni ma anche che passano tanti nuclei famigliari e quindi cambia completamente non solo l’identikit ma anche l’interesse e il lavoro che bisogna fare per questa nuova mobilità. È un secondo elemento che ci riporta un po’ alla mobilità italiana di fine 800 inizio 900; un altro elemento sicuramente molto interessante che abbiamo rintracciato che degli oltre 101’000 più di 7’000 hanno più di 75 anni e di questi 7’000 circa 700 hanno più di 85 anni, che significa che sono anche tanti gli anziani che partano alla volta dell’estero. Dalle analisi qualitative abbiamo visto che tanti anziani che decidono di partire proprio per le stesse motivazioni, ovvero questa crisi determina una necessità di trovare fuori dei confini nazionali, luoghi, mete, dove vivere con la pensione sia sicuramente più dignitoso rispetto a quanto capita in Italia e così sono in tanti anziani o pensionati che si stanno spostando fuori dai confini nazionali.
Lei nel rapporto che ha curato pone l’accento che è il ritorno il punto dolente. Occorre lavorare finché l’Italia divenga attrattiva per i giovani talenti..
Sicuramente sì, perché si sente tanto parlare di “cervelli in fuga”, questo brutta frase che noi sono anni che cerchiamo di superare perché non da riscontro di quella che è la dignità delle persone, dei nostri giovani che in un momento di difficoltà tendono a partire. In mezzo a loro ci sono sicuramente tante situazioni, tante persone che cercano di trovare all’estero una situazione lavorativa, oppure di poter migliorare, di poter ancora di più specializzarsi rispetto ad una serie di attività professionali particolari, questi sono gli altamente qualificati. Il problema appunto non è la partenza, il problema sta nel non ritorno, ovvero che l’Italia non è attrattiva al pari di altri paesi europei, e quindi il problema è la circolazione dei talenti non tanto il fatto di rendere possibile un loro confronto appunto con situazioni europee, ma anche internazionali, perché quando intervistiamo questi giovani molti di loro non si sentono neanche emigranti ma appunto cittadini europei oppure cittadini del mondo.
Conseguenza logica è l’inevitabile impoverimento dell’Italia. Nel rapporto c’è il prof. Alessandro Rosina che è docente di demografia all’Università cattolica di Sacro Cuore che parla di impoverimento del nostro paese per quanto riguarda le giovani generazioni in termini quantitativi, perché diminuisce il numero di giovani visto il calo dell’indice di natalità italiana e qualitativi, visto le alte percentuali degli under 35 anni che in Italia non studiano ne lavorano e poi espatriano…
Il fatto di non rientrare non è dato da un loro non volere, al contrario dalle interviste, emerge che in tanti vorrebbero poter tornare, non possono tornare, proprio perché il paese non permette di avere una condizione lavorativa paragonabile. Nel momento in cui una persona comunque è riuscita a trovare un’autonomia, un affrancamento dalla famiglia di origine è molto chiaro che è difficile fare il percorso a ritroso, non di dico a parità di condizioni ma almeno nella garanzia di avere la possibilità di continuare nei progetti personali di ricerca come anche lavorativi.
Per quanto riguardo il paese da dove stiamo chiamando, la Svizzera, sono oltre 11 000 gli espatri in questo paese in pratica sono gli stessi di Francia e Argentina
Come dicevo prima dei 101 000 che hanno lasciato il paese da gennaio a dicembre del 2014 poco più di 11 000 sono arrivati in Svizzera. La Svizzera è il terzo paese dopo la Germania e il Regno Unito seguono poi la Francia l’Argentina, il Brasile e gli Stati uniti d’America. Se poi confrontiamo l’Italia con altri paese europei non è altro che una mobilità che effettivamente interessa l’Europa e interessa i cittadini originari di quei luoghi, ma anche i cittadini di nuove generazioni che hanno deciso di lasciare il paese con cittadinanza italiana perché nel frattempo l’hanno richiesta ed ottenuta e quindi ci troviamo anche ad un movimento di nuovi cittadini italiani che provengono da cittadinanze differenti che dopo un periodo di emigrazione vanno da cittadini italiani in altri paesi, come appunta la Germania, il Regno Unito e la Svizzera è interessata da questi movimenti.
Leo Caruso