Il 14 giugno scorso si è svolto lo sciopero delle donne in tutta la Svizzera. A Zurigo siamo andate ad incontrarle
Tante, tantissime donne hanno partecipato alla manifestazione di Zurigo. Erano in migliaia ad alzare la voce con manifesti e cartelli che inneggiavano al women power spesso anche ironicamente e con giochi di parole scherzosi: “stiamo davvero ancora combattendo per questi diritti? Incredibile!” ma anche “Senza Ermione Harry Potter sarebbe morto nel primo libro!” si legge.
L’icona di rappresentanza è un cerchio rosa che incornicia un pugno femminile, forte e deciso. I colori che si vedono per le strade di Zurigo sono il rosso, il violetto, il rosa e sono il simbolo delle diverse sfumature delle capacità e competenze femminili in una generazione sempre più multitasking ma
ugualmente discriminata. Cosa significa questo sciopero? Le donne esigono una maggior conciliazione tra lavoro e vita privata perché lo sforzo di fare più cose contemporaneamente, adattandosi alle esigenze lavorative e famigliari, deve essere riconosciuto, supportato e per questo diminuito. E mai dato per scontato. La difficoltà di trovare un asilo nido con costi accessibili e la necessità di lavorare a tempo parziale diventa una richiesta imprescindibile in Svizzera. “Più aiuto per le madri single” si legge su una maglietta.
Esigono più tempo nel perfezionamento professionale dando spazio e fiducia anche alle donne che ambiscono a ruoli dirigenziali, a cui, di regola, vengono sempre preferiti gli uomini. Esigono la garanzia di gradi e tempistiche di occupazione che consentono di vivere, con una gestione dei turni di lavoro più adatta alle esigenze delle madri e con un salario che deve essere paritario a quello maschile. La discriminazione sala
riale è sempre presente nei rami famminili (parrucchiere, commesse per fare un esempio) con salari più bassi e difficoltà economiche che poi si protraggono di conseguenza anche in basse pensioni di vecchiaia.
Esigono più visibilità per la violenza sulle donne perché quando una donn
a è una vittima il problema èdella società e non del singolo individuo. Le battute sessiste e le molestie crescono in una società – composta da uomini e donne – che lo permette e rimane nell’indifferenza di un comportamento sbagliato e retrogrado.
Cosa esigono quindi queste donne? Per cosa protestano in un paese in cui lo sciopero non è all’ordine del giorno come in Italia? La parola che accomuna e risponde a tutte le domande in modo chiaro, immediato e semplice è una sola: il rispetto.
Il 14 giugno a Zurigo non ci sono più le donne che bruciano i reggiseni ma ci sono donne che lavorano con impegno, con professionalità e competenze, donne che continuano a lavorare ma partecipano alla protesta anche solo indossando una camicia, un cappello o un braccialetto viola in ufficio o che si radunanoprolungando la pausa pranzo. Perché poi, il lavoro chiama, il dovere e la famiglia chiamano e per le suffragette 2.0 è possibile lavorare, fare corsi di aggiornamento, dirigere una azienda, portare a scuola i bambini, preparare la cena. Si può fare tutto ma con i tempi, i mezzi, i supporti e il salario giusto.
Gloria Bressan