La Corte di Cassazione rinvia la sentenza sul delitto di Garlasco al 17 aprile, quando a Taranto ci sarà anche il giudizio di primo grado sul delitto di Avetrana
Il diciassette aprile si decide la sorte di Alberto Stasi, l’ex fidanzato di Chiara Poggi, allora ventiseienne, uccisa in casa sua la mattina del 13 agosto del 2007, ma anche quella di Sabrina Misseri e Cosima Serrano, figlia e madre, accusate del delitto di Sarah Scazzi. Per Alberto Stasi si tratta della sentenza della Cassazione, che deciderà di confermare il giudizio di appello o di rifare il processo. Per Cosima e Sabrina, invece, si tratta della sentenza di primo grado.
Alberto Stasi fu accusato dell’omicidio della ragazza per una serie di dettagli che, secondo gl’inquirenti, lo inchiodavano. Chiara fu uccisa, secondo i referti, tra le 9.10 del mattino e le 9.35, cioè nell’arco di tempo di 25 minuti. Quando fu interrogato, il giovane sostenne che a quell’ora era a lavorare al computer, alla sua tesi di laurea, che era andato a casa di Chiara alle 13 e 40, era entrato in casa e aveva trovato la ragazza in un lago di sangue, quindi era uscito e aveva telefonato al 118. Non fu creduto, anche perché i carabinieri, nell’aprire il computer sequestratogli subito dopo, avevano (sbadatamente) cancellato alcuni file e dunque non trovarono la prova dell’alibi del giovane. Non solo. I sospetti sul giovane divennero più corposi quando fu messa in dubbio la sua versione sul luogo dove si trovava quando fece la telefonata al 118. Essendo stata vista una bicicletta nera da donna davanti alla casa di Chiara – che dalla sera precedente era sola in quanto i genitori erano andati in vacanza – gl’inquirenti ipotizzarono che Alberto avesse acceso il computer, avesse raggiunto la casa di Chiara, l’avesse uccisa e fosse ritornato a casa di corsa prima delle 9.35. Prima delle 9.10, infatti, Chiara era ancora viva: lo dimostrerebbe l’allarme del cancello di entrata, bloccato su quell’ora. Dopo le 9.35 il computer di Alberto aveva compiuto delle operazioni.
Il ragazzo, al termine del primo grado di giudizio, fu assolto, anche perché nel frattempo esperti informatici recuperarono i file cancellati dai carabinieri e constatarono che il giovane aveva detto la verità, come la verità aveva detto agli inquirenti sul luogo dove effettuò la telefonata al 118. Fu assolto anche nel processo di appello ma, a giudizio della procura permangono dubbi su alcuni dettagli. Il primo è che la stanza dove fu uccisa la ragazza – l’atrio comunicante con la cucina e la scalinata che porta in cantina – era talmente piena di macchie di sangue (la ragazza fu trascinata e buttata lungo le scale che portano alla cantina) che era impossibile che Alberto fosse andato fin dove si trovava il corpo di Chiara e fosse ritornato indietro senza essersi sporcato le scarpe di sangue. La difesa sostenne che le scarpe era di materiale repellente e che il sangue, alle 13 e 40, cioè circa quattro ore dopo, nel mese di agosto, erano già secco. Come detto, le prime due sentenze sono state di assoluzione. Ora, la Cassazione, deve esprimere un giudizio di legittimità e analizzare se ci sono i presupposti (dubbi e dettagli) per rifare il processo, come chiedono i genitori di Chiara e la procura, o se confermare l’estraneità del giovane al delitto. L’accusa punta, ovviamente, ad un nuovo processo per accertare in particolare il Dna di un capello corto e castano trovato nella mano della ragazza, per esaminare la bicicletta nera di proprietà della madre di Stasi, mai esaminata prima, e riesaminare la “camminata” di Alberto in casa di Chiara. La difesa dice che la bicicletta nera della madre del giovane non fu presa in considerazione per il semplice fatto che non corrispondeva alla descrizione di chi l‘aveva vista davanti alla casa dei Poggi, che accertare il Dna mitocondriale del capello non serve a nulla.
La sentenza della Cassazione doveva esserci il 5 aprile ma è stata rinviata al 17 perché l’esame di altri processi si era protratto oltre i limiti e quindi non c’è stato tempo sufficiente per il dibattimento.
Quanto al “delitto di Avetrana”, se l’accusa aveva individuato gli assassini di Sarah in Sabrina Misseri e in sua madre Cosima Serrano, con il movente della “gelosia” e della salvaguardia dell’”onore” di Sabrina agli occhi della gente in quanto Sarah sapeva che la cugina era andata a letto con Ivano che l’aveva poi rifiutata, la difesa ha ribaltato il movente e il colpevole, sostenendo che l’unico colpevole è Michele Misseri, padre di Sabrina e marito di Cosima, e che la ragazza fu uccisa in seguito ad un raptus di libidine sessuale.