Esperimenti condotti sui topi fanno riemergere i ricordi più lontani
Per quanto ci sforziamo, è proprio difficile riuscire a ricordare i tempi della nostra infanzia e le sole informazione che abbiamo a riguardo spesso derivano dai racconti dei nostri familiari, rappresentando solo dei ‘ricordi impiantati’, come li hanno definito gli esperti, e non certo dei ricordi reali.
Un fenomeno descritto come ‘amnesia infantile’ e che riguarda la quasi totalità del genere umano. In molti hanno supposto che i ricordi della primissima infanzia, quelli che non siamo più in grado di ricordare, fossero perduti per sempre, come se la nostra memoria non li avesse mai fermati. Uno studio dell’Università di Toronto ha invece ipotizzato che tali ricordi siano solo ‘sepolti’ negli strati più profondi della nostra memoria, con la possibilità di poter essere in qualche modo recuperati. Lo studio in esame, pubblicato sulla rivista Current Biology, è stato condotto attraverso dei test sui topi con la stessa ‘amnesia infantile’ degli esseri umani: con una stimolazione nervosa ad hoc, i ricercatori sono riusciti a far emergere i ricordi dei topi, dimostrando che essi non erano definitivamente persi o irrecuperabili. Per ottenere i risultati illustrati su Current Biology, i ricercatori hanno insegnato ai ratti ad associare il ricordo di una scossa elettrica ad un luogo specifico, nella fattispecie una piccola scatola. Dopo circa una settimana, i roditori avevano già perso questa memoria.
Nel ripetere i test i ricercatori hanno tenuto traccia dei neuroni coinvolti nell’apprendimento dell’associazione, scoprendo che si trovano prevalentemente nell’ippocampo. Diverse settimane dopo, a ricordo ormai praticamente sparito, i neuroni sono stati stimolati nuovamente e, in circa il 70% dei casi, i topi hanno mostrato di ricordare l’0associazione tra il luogo e la scarica elettrica. Questo è dovuto al fatto che, secondo gli autori della ricerca, i primi ricordi d’infanzia non verrebbero completamente dimenticati o cancellati dal cervello, ma come dimostrano i test condotti sui roditori, possono essere fatti riemergere grazie ad una stimolazione diretta.
Il termine ‘amnesia infantile’ di cui parlavamo all’inizio è stato coniato dal fondatore della psicanalisi, Sigmund Freud: è infatti da moltissimo tempo che gli esperti cercano di spiegarsi perché i ricordi della primissima infanzia si perdono o, come sostengono i ricercatori canadesi, rimangono sepolti nella nostra memoria. Nel corso degli anni psicologi e neuro-scienziati hanno realizzato molti studi sull’argomento, scoprendo che spesso il fenomeno varia anche in base alla cultura di appartenenza e all’area geografica di provenienza: il record per l’età più bassa dei primi ricordi è quello dei Maori della Nuova Zelanda, che in media ricordano fatti avvenuti quando avevano appena due anni e mezzo: pare che sia perché nella loro cultura il passato ha una grande importanza e questo concetto è trasmesso fin da subito ai bambini. Nel 2001 la psicologa Qi Wang della Cornell University ha intervistato 256 studenti, alcuni americani e altri cinesi, osservando che in generale gli studenti americani avevano ricordi della loro infanzia più lunghi e più dettagliati, mentre quelli degli studenti cinesi erano più brevi e si limitavano ad alcuni fatti precisi.
Inoltre, in media i ricordi degli studenti cinesi cominciavano sei mesi dopo quelli degli studenti americani: questo dimostrerebbe come la cultura in cui nasciamo influenzi il modo in cui da bambini iniziamo a ricordare la nostra vita. Nelle società in cui l’esperienza personale o il rapporto con la memoria familiare sono più importanti, i ricordi tendono a formarsi prima, dimostrando che il coinvolgimento emotivo personale ha un ruolo importante nella formazione dei ricordi. Comunque sia, stando alle nuove scoperte dei ricercatori dell’Università di Toronto, per adesso limitate solo ai ratti, con delle stimolazioni ad hoc potrebbe presto essere possibile anche per gli uomini riuscire a recuperare la memoria dei ricordi più lontani negli anni, fino ad arrivare a quelli della primissima infanzia. Un regalo non da poco che potrebbe arricchire di molto il nostro personale ‘libro della vita’.