Il dottor Mauro Ferrari, presidente e amministratore delegato del Methodist Hospital Research Institute di Houston (Usa), ha illustrato la novità all’”American Society of Clinical Oncology”
Ci sono farmaci che sono già in commercio da anni e che, scoperti ed utilizzati per il trattamento di una determinata patologia, posso essere riutilizzati per altre patologie grazie alle nanotecnologie, che sono un insieme di tecnologie, tecniche e processi che consentono la creazione e l’utilizzazione di materiali, dispositivi e sistemi con dimensioni a livello nanometrico. Un nanometro è un miliardesimo di metro e sta ad indicare una dimensione molto piccola. Uno di questi farmaci sfrutta i poteri di una molecola, nota come paclitaxel, per la cura di alcune forme metastatiche di cancro al seno. Ebbene, questa molecola, attraverso “una trasformazione di tipo nanotecnologico” si è scoperto che è molto efficace nella cura del tumore al pancreas.
Ecco la dichiarazione del dottor Mauro Ferrari, presidente e amministratore delegato del Methodist Hospital Research Institute di Houston (Usa), che ha recentemente presentato la novità in un convegno organizzato a Roma dall’Aiom, l’Associazione italiana oncologia medica: “Oggi, nella lotta ai tumori, a fare paura sono le metastasi. Ma grazie alla ricerca abbiamo individuato da tempo numerose molecole con attività antitumorale. Il solo principio attivo, però, non basta per curare. E’ fondamentale che ci siano anche dei “veicoli” che trasportino il farmaco soltanto dove serve. Questa è la vera sfida, se vorremo sconfiggere il cancro e proprio le nanotecnologie potranno fare la differenza”.
Ritornando alla molecola Paclitaxel, è stato scoperto – e la novità è stata illustrata al Congresso dell’”American Society of Clinical Oncology” – che se viene unita ad una molecola “trasportatrice” può rappresentare un’arma efficace contro l’adenocarcinoma pancreatico, che è un tumore contro il quale le terapie disponibili non sono soddisfacenti.
Il “veicolo” individuato è l’albumina, che è una proteina che si trova in abbondanza nel sangue e che, legata alla molecola paclitaxel, permette di portare l’anti-neoplastico, sotto forma di nanoparticelle, direttamente alle cellule cancerose. Per essere più precisi, attraverso questo sistema l’anti-neoplastico ci arriva in quantità maggiori, con un’efficacia superiore del 33%. Insomma, le nanotecnologie permettono di arrivare là dove c’è necessità, senza dispersione e con effetti collaterali molto ridotti rispetto a prima. Ad esempio, nella preparazione del farmaco non vengono utilizzati quei solventi che sono le conseguenze della chemioterapia, che non sono solo la perdita dei capelli, ma soprattutto i danni al tessuto e ad altri organi sani.
Aggiunge il dottor Mauro Ferrari: “Quella dell’albumina è stata davvero un’intuizione geniale. Questo è il primo caso di utilizzazione di una nanoparticella biologica come veicolo di farmaci. Non a caso, la nuova generazione di terapie che avrà un forte impatto in campo oncologico è rappresentata dai farmaci in grado di superare le barriere biologiche che funzionano da difese dell’organismo. Il concetto è riassumibile nell’esempio dei razzi multistadio che portarono l’uomo sulla Luna. Noi cerchiamo di fare la stessa cosa con i tumori. In alcuni casi con le nanotecnologie è possibile creare particelle che possono essere attivate dall’esterno, con l’esposizione a specifici raggi, che si riscaldano e bruciano il tumore: si tratta della cosiddetta ablazione termica”.
Ecco le conclusione dello scienziato: “E’ significativo che il mondo del nanotech unisca molto settori scientifici: sulla scala nanometrica, infatti, le differenze tra discipline spariscono. I nanofarmaci del futuro, quindi, non potranno che essere il frutto della collaborazione tra clinici, oncologi molecolari, ingegneri, chimici farmaceutici e modellisti matematici”.