Il ministro egli esteri Ignazio Cassis promette un’intesa sull’accordo istituzionale entro settembre. Secondo un sondaggio i progetti del governo hanno eco positiva nella popolazione
Alla Commissione della politica estera (CPE), Ignazio Cassis promette tempi brevi per un accordo istituzionale con l’Unione europea (Ue). Il ministro degli esteri indica una sostanziale intesa entro il prossimo settembre ed è ottimista nonostante le difficoltà nelle trattive. I futuri progetti del governo sembrano riscontrare consensi tra gli svizzeri, secondo i dati di un sondaggio di gfs.bern, che sostengono una veloce e pragmatica regolamentazione del rapporto con l’Ue. Un appoggio sostanziale e buoni propositi per Cassis, ma secondo Filippo Lombardi, presidente CPE, i tempi non sono realistici: “Fino all’estate si chiariranno gli aspetti tecnici dell’accordo costituzionale, così da potere risolvere le componenti politiche entro la fine del 2018”. L’accordo istituzionale dovrebbe regolare gli adeguamenti al diritto europeo, volti a garantire un’applicazione più efficace e uniforme degli accordi bilaterali.
Il sondaggio, svolto su incarico di Interpharma, rappresentante delle industrie farmaceutiche svizzere, ha interpellato gli aventi diritto svizzeri sugli accordi bilaterali con l’Ue e dal quale è emerso che i bilaterali godono di una stabile accettanza. Per il 49% degli intervistati prevalgono i vantaggi degli accordi bilaterali e l’82% vuole il proseguimento della cooperazione sulla base attuale degli accordi. Gli intervistati appoggiano il progetto di Cassis su come risolvere le future vertenze sugli accordi, che saranno di certo sottoposti a conflitti. Il 54% si è pronunciato a favore di un’istituzione arbitrale indipendente per la soluzione delle vertenze: un tribunale arbitrale composto da giudici svizzeri e dell’Ue. Il sistema attuale, che prevede un comitato misto di rappresentanti Ue-Svizzera soddisfa il 35%, mentre solo il 4% si è espresso sullo scenario che sia la Corte di giustizia europea a risolvere le divergenze. Alla domanda sul modo di adeguare i bilaterali ai nuovi sviluppi tecnici e giuridici, c’è il consenso del 68% al progetto proposto dal ministro degli esteri, il quale prevede l’adozione di misure vincolanti, ma non automatiche, cosicché i cambiamenti degli accordi bilaterali devono essere decisi di comune accordo tra Berna e Bruxelles e l’adozione di una legge europea verrebbe sottoposta al normale processo legislativo elvetico.
Il sondaggio ha chiesto anche l’opinione su scenari di possibili votazioni popolari future che riguardano la politica europea e i suoi principi fondamentali. La cooperazione con l’Ue sulla base degli attuali accordi bilaterali è sostenuta dall’82%, mentre il 75% è favorevole a una procedura vincolante di adozione del diritto europeo, di nuovi accordi parziali, l’attualizzazione degli accordi attuali e di un’istituzione arbitrale. Entrambi le proposte potrebbero ottenere la maggioranza in una consultazione popolare. Poche possibilità invece per l’adesione allo Spazio economico europeo (SEE) ed esigue quelle per la pura adesione all’UE.
L’apparente atmosfera “rilassante” in politica europea si rispecchia anche due attuali iniziative popolari lanciate dall’UDC che sfidano l’UE. L’iniziativa detta “di limitazione”, che vorrebbe porre fine alla libera circolazione delle persone tra Svizzera e gli stati membri dell’UE e l’iniziativa “Il diritto svizzero anziché giudici stranieri (Iniziativa per l’autodeterminazione) riscontrano pochi consensi tra gli intervistati. Nonostante gli incoraggianti risultati del sondaggio, il Consiglio federale non deve illudersi. Raggiungere una base giuridica stabile con l’Ue entro la fine dell’anno resta un’impresa. L’ottimismo che circonda Cassis inganna, perché sono numerosi gli ostacoli sulla via per giungere a una conclusione delle trattative che possa trovare una maggioranza in una votazione popolare.
Gaetano Scopelliti