Manca poco più di un mese alle elezioni per il rinnovo del parlamento europeo previste per il 25 maggio prossimo. In ogni paese dell’Unione, in un clima di confusione e disinteresse crescente per una scadenza tra le più importanti della storia democratica continentale, sono al lavoro i peggiori maestri del populismo anti unitario.
Il segretario della lega nord, un certo Matteo Salvini (Eurodeputato!) , indegno successore del maestro Umberto Bozzi, che, pure lui, seppur con una certa dignità montanara, ne aveva combinate di tutti i colori, propone l’immediata uscita dall’Euro ( crimine dell’umanità ), il ripristino della lira, e perché no? , la sfida al dominio della perfida Merkel. Nel frattempo, è impegnato nella guerra di liberazione dei martiri combattenti veneziani. I costruttori del carro armato campagnolo per andare all’assalto dei poteri reazionari italici.
Non vorrei riandare al Don Chisciotte e al fido Sancho Panza dei mulini a vento. Mi fermerei a Charlot, all’omino coi baffetti che si trastulla con il mappamondo sognando che tutto ciò che vede un giorno sarà suo. Poveretti i padani – nel senso di cittadini viventi tra l’arco alpino e il grande fiume po – che affidano i loro destini ai portatori di ampolle e ai costruttori – giustamente! , in galera- di carri armati campagnoli per l’assalto finale. Eppure, di questi politici, dalla indubbia se pur pericolosa comicità, è piena l’Europa. I neo nazisti di “alba dorata” in Grecia, apparsi nel mentre la nazione ellenica viveva la più grave crisi economica e sociale dalla sua appartenenza all’Unione europea.
Sono i portatori di un bieco nazionalismo, xenofobo e razzista, nel segno di un presunto e fallace ritorno alla purezza della cultura millenaria di quel grande popolo. Il populismo fascista, appena ripulito della volgare rozzezza del padre fondatore, del “Fronte Nazionale” di Marine Le Pen in Francia, contro il quale più non regge il richiamo alla disciplina repubblicana. Quelli per un’ altra Germania, nella repubblica federale tedesca, che pur vive uno dei momenti migliori – politico, economico, e sociale – della sua riconquistata unità. Oltre a qualche paese dell’est , in testa l’Ungheria, ove, alle recenti elezioni legislative, un partito neo nazista ha conquistato più del 20% dei suffragi. Perché sta accadendo tutto ciò? Perché sta accadendo in Europa? In un continente in cui si sono combattute, nel novecento testé terminato, due guerre mondiali fratricide. Milioni di morti nell’una e nell’altra. E a testimoniarli sono stati eretti i monumenti della memoria collettiva.
Verdun, nelle lande del nord della Francia, quello sterminato cimitero di croci che si perde alla vista umana e ove, se ti arresti ad ascoltare, senti i sussurri dei vinti di ogni campo che ancora non hanno trovato pace. Oppure Auschwitz, il luogo in cui afferri l’odio della purezza razziale, la bestia infernale che si assetò del sangue dei saggi e dei puri. Come non capire che la costruzione europea, ideata dai quattro grandi: Adenauer, Monnet, Chuman, De Gasperi, i rivoluzionari tranquilli, e perseguita dai disegni ispiratori di Spinelli, è stata l’afflato salvifico per riconciliare popoli e nazioni. Garanzia di pace e di fratellanza nel continente e per tutte le nazioni che ne hanno fatto parte, dalle fondazione e sino ad oggi. Come non vedere che, oltre i suoi confini – penso alla ex Jugoslavia- abbiamo di nuovo assistito allo scatenarsi dell’odio razziale raffigurato dalle pendici mortuarie di Sarajevo. L’Unione europea è stata , nel crollo dell’utopia comunista e nel disfacimento dell’impero sovietico, l’ancora a cui quei popoli hanno affidato la speranza di progresso e democrazia.
Non di meno Europa abbiamo bisogno. Ma di più Europa. Di un rinnovato e maturo senso di appartenenza. Di un ulteriore abbattimento dei residui ostacoli, anche gravi, che ancora rallentano il cammino di costruzione di una comunità solidale che sappia affrontare le sfide del mondo globale portando con se il bagaglio della sua storia plurimillenaria. Più Europa a una sola voce, meno centralismo burocratico, e più democrazia. All’altezza di rispondere alla sfida del rinnovamento che sale dalla voce di milioni di uomini e donne, dei tanti giovani che ci vivono oggi da cittadini europei. Nelle grandi metropoli continentali ove hanno costruito la “melange” dei linguaggi a significare l’abbattimento di ogni e qualsiasi ostacolo di carattere linguistico e culturale.
Ancora poco più di un mese per dire ai popoli europei quale è la posta in gioco. Farsi affascinare dalle sirene di un nazionalismo, gretto e primitivo, o ancor più, dalla nicchia protettiva delle valli alpine, sperando di fare a meno dell‘ Europa e del mondo? O portare il cuore al di là del fossato per abbattere ogni qualsiasi ostacolo verso una nuova Europa: L’Europa dei cittadini, l’Europa dei giovani, l’Europa dei 50 milioni di Europei che vivono fuori dai vecchi confini nazionali di origine. L’Europa dei 30 milioni di immigrati a cui assicurare il cammino dell’integrazione e della convivenza civile e umana. L’Europa che sappia parlare al mondo, consapevole della sua forza politica e morale. L’Europa che sappia indicare la via della pace. L’Europa ideata dai suoi figli migliori.
Non possiamo fallire. Nell’ inizio secolo del nuovo millennio e nel contesto delle straordinarie trasformazioni tecnologiche e scientifiche in atto, l’Europa può essere vetrina planetaria di una nuova cultura democratica. Ai cittadini, alla loro saggezza, ai rappresentanti eletti, l’ardua sentenza.