La notizia di questi giorni è l’avanzamento dell’acqua del mare nel delta del Po, un evento preoccupante. Vediamo cosa succede
Le temperature alte oltre la norma, l’assenza continuata di piogge, l’inquinamento incontrollato e l’uso coatto che si è fatto negli anni delle riserve di acqua potabile hanno portato all’attuale situazione di emergenza siccità che interessa l’Italia e in maniera particolare alcune zone specifiche. Desta una certa preoccupazione il distretto del Po che è sempre più a secco – si parla della siccità più grave in 70 anni – tanto che è accaduto ciò che da tempo si temeva: l’avanzamento del mare nel delta del fiume a oltre 30 chilometri, una quota da record.
L’emergenza siccità rimane grave nonostante gli ultimi temporali che però si sono rivelati inutili, per l’Osservatorio sul Po si tratta di un incremento di portata che però “non risolve il problema del pesantissimo deficit esistente ma, di fatto, lo sposta, in avanti di una decina di giorni”. Ovvero la crisi è rimandata di alcuni giorni e, purtroppo, la situazione dei giorni avvenire non sembra essere propizia per un miglioramento che ci permetta di uscire dall’emergenza.
Le misure
Tra i provvedimenti consigliati per scongiurare l’emergenza idrica, l’Osservatorio del Po avverte che bisogna prima di tutto ridurre il prelievo idrico del 20% sulle acque disponibili. Il capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, parla di “razionamento diurno dell’acqua” se il problema non si ridimensiona a breve. “In alcune zone del Paese – ha aggiunto Curcio – non è sicuramente escluso il fatto che il razionamento dell’acqua porti a una chiusura temporanea anche nelle ore diurne. Bisognerà capire i segnali meteorologici delle prossime settimane. Avremo anche dei momenti in cui l’acqua arriverà e probabilmente arriverà tutta insieme”. I Comuni italiani stanno studiando le misure fai da te contro lo spreco di acqua e molte città hanno emanato delle ordinanze che vanno dalla chiusura delle fontanelle imposta a Milano al divieto di fare la doccia in spiaggia in Liguria, fino al mono shampoo dal parrucchiere a Castenaso. A Bologna i cittadini sono invitati a seguire un decalogo dove vi sono norme di comportamento quali usare lavatrici e lavastoviglie sempre a pieno carico o preferire la doccia alla vasca da bagno.
I danni
A fare le spese di questa situazione è soprattutto il settore agricolo in modo particolare nel Nord Italia dove è a rischio il 50% della produzione, ma non solo, anche la produzione della frutta estiva è fortemente compromessa. In Emilia Romagna, per esempio, sostiene la Coldiretti, si contano già 300 milioni di euro di danni nell’ortofrutta. In Liguria, viene registrata una produzione di foraggio pari ad un terzo di quello necessario, oltre alla mancanza di acqua per abbeverare il bestiame. Il Molise ha subito danni alle colture cerealicole; in Basilicata le colture dei cereali hanno subito una perdita del 40%; in Puglia le rese di grano, avena e legumi hanno subito un forte calo, mentre il settore olivicolo raggiunge una perdita di raccolto pari al 40% rispetto allo scorso anno: queste sono solo alcune delle criticità denunciate da Coldiretti.
L’Italia chiama la Svizzera, ma…
Chiudere i rubinetti non serve a molto, almeno nell’immediato, tanto che l’Italia si trova costretta a chiedere aiuto alla vicina Svizzera. In modo particolare il segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po, Meuccio Berselli, ha chiesto “agli amici svizzeri di sostenere con un principio di cooperazione e sussidiarietà attraverso i laghi e gli invasi alpini il livello del Lago Maggiore, che in questo momento ha un riempimento che sfiora il 20%”. Nel caso che si abbassi ancora, dato che i deflussi sono necessari per i prelievi, “va in crisi il lago stesso e tutto l’arco del Po che è sotteso al Ticino”. La questione è stata discussa durante un incontro tra l’assessore della Regione Lombardia Massimo Sertori e il consigliere di Stato ticinese Norman Gobbi, ma le alte aspettative sono state ampiamente deluse. “Siamo tutti nella stessa situazione, tutti siamo davvero con poca acqua. Il problema esiste, e non è solo ticinese”, precisa il consigliere di Stato, infatti “basta guardare sulle montagne per capire dove è il problema” alludendo alla siccità degli scorsi mesi che non ha permesso la formazione di riserve idriche. “Le loro aspettative di poter rilasciare più acqua turbinando nelle centrali idroelettriche non sono possibili, anche perché queste operano secondo il fabbisogno. Inoltre, non ci sono grandi riserve nelle nostre dighe, bisognerà quindi trovare soluzioni più a valle poiché non ci sono riserve sulle nostre montagne” ha spiegato Gobbi alla RSI.
Redazione La Pagina