Kerry: “Non rivali, ma vicini”
La bandiera americana dopo 54 anni è stata issata sull’ambasciata statunitense all’Avana. Il vessillo è stato consegnato dai tre marines che la ammainarono nel 1961- Larry Morris, James Tracy e Mike East – ad altri tre marines che lo hanno issato mentre suonava l’inno americano, davanti al segretario di Stato John Kerry. “Un momento veramente storico”, ha detto Kerry, alla cerimonia solenne a L’Avana. “Stamani – ha aggiunto Kerry – mi sento veramente a casa qui perché questa è veramente un’occasione memorabile”.
“È in questo spirito – ha aggiunto il segretario di Stato Usa – che dico a nome del mio Paese che gli Usa sono veramente felici di questo nuovo inizio delle relazioni” tra Washington e L’Avana. Kerry, ancora zoppicante per la rottura del femore, ha poi ricordato di essere il primo ministro degli Esteri americano a visitare l’isola dal 1945.
L’ultima visita, nel marzo 1945, fu compiuta da Edward Reilley Stettinius, segretario di Stato del presidente Franklin Roosevelt, negli ultimi giorni della Seconda guerra mondiale. “È giunto il momento di avvicinarci gli uni agli altri come due popoli non più nemici, né rivali, ma vicini. È tempo di alzare la bandiera e mostrare a tutto il mondo che ci auguriamo il meglio per ciascuno di noi”, ha sottolineato il segretario di Stato americano.
“Il futuro di Cuba deve essere realizzato dai cubani, non riguarda gli estranei ma soltanto i cittadini di questo paese”, ha detto Kerry. Ma allo stesso tempo il segretario di Stato americano ha dichiarato che gli Stati Uniti “continueranno a premere il governo cubano perché rispetti i diritti umani. “Restiamo convinti – ha aggiunto – che il popolo cubano potrà solo trarre benefici da una vera democrazia, quando i cittadini potranno praticare la loro fede, scegliere i loro leader”.
Con queste parole, Kerry ha voluto sottolineare che gli Stati Uniti non intendono intromettersi negli affari cubani, ma anche che Washington non rinuncia a sostenere la strada verso la democrazia. E che, come ha poi sottolineato, gli Stati Uniti vogliono aiutare i cubani a “connettersi con il mondo” e chiedere al governo dell’Avana di rendere meno difficile ai suoi cittadini “di aprire aziende e connettersi online”.
Il segretario di Stato ha parlato di riconciliazione, lodando la “decisione coraggiosa” dei presidenti americano e cubano Raul Castro di riallacciare le relazioni a 54 anni dalla rottura. “Non vi è nulla da temere, perché saranno numerosi i benefici quando permetteremo ai nostri due popoli di conoscersi meglio, visitarsi più spesso, scambiare idee”, ha proseguito Kerry, parlando di “due popoli non nemici o rivali, ma vicini”.
Per il segretario di Stato, i rapporti fra Usa e Cuba erano rimasti “ancorati al passato”. Dalla rottura, ha ricordato, è passato tanto tempo, vi sono stati dieci presidenti americani, è caduto il Muro di Berlino e gli Stati Uniti si erano anche riconciliati con il Vietnam. Quanto all’embargo, Kerry ha ricordato che ora spetterà al Congresso americano mettervi fine.
Kerry, nel corso del suo intervento, ha voluto ringraziare Papa Francesco per il suo ruolo nel disgelo delle relazioni tra i due Paesi. “Il Santo Padre Papa Francesco e il Vaticano hanno avviato un nuovo capitolo nelle relazioni tra i nostri due Paesi”, ha affermato Kerry, ricordando poi “che non è un caso” che il Pontefice si recherà prima a Cuba e poi negli Stati Uniti nel suo viaggio del prossimo mese.
Iniziata con l’inno nazionale cubano, la cerimonia che Kerry non ha esitato a definire “storica”, si è conclusa, dopo il discorso del segretario di Stato, quando tre marines hanno issato il vessillo a stelle e strisce mentre suonavano le note dell’inno americano. La più alta autorità cubana presente era Josefina Vidal, capo della squadra dei negoziatori nella trattativa con gli Stati Uniti.
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