Dimezzato in inghilterra e in italia il numero dei decessi per infarto
Negli ultimi dieci anni in Inghilterra, ma anche in Italia, si è dimezzato il numero dei morti per infarto, il che non vuol dire che ci sono stati meno infarti, solo che ci sono stati meno vittime. Lo afferma uno studio della Oxford University e pubblicato sul Bristish Medical Journal. Lo studio allarga l’orizzonte anche su altri Paesi. Nell’Europa occidentale le cifre sono eloquenti: circa 300 infarti all’anno per ogni cento mila abitanti. Questa è la media. Dopo di che ci sono Paesi che si tengono sotto questa cifra, ad esempio l’Italia e anche l’Inghilterra, e i Paesi dell’Est e gli Stati Uniti, dove si oltrepassano le 400 unità. Sicuramente questa differenza dipende dal fumo e dalla dieta sbagliata. Con l’età aumenta anche il rischio di avere un infarto. Sono a rischio più gli uomini o le donne? Fino a 60 anni sono più a rischio gli uomini, addirittura si parla da due a quattro volte di più. Dopo i sessant’anni, a causa della menopausa, di fronte all’infarto donne e uomini ritornano alla pari. Da queste poche righe, si capisce come gli stili di vita più corretti, il movimento e la dieta riducono la mortalità per infarto, mortalità che può essere ridotta o aumentata anche dalla rapidità con cui si viene portati all’ospedale. Più funziona il servizio sanitario, meno sono i casi di decesso. Oggi, dice lo studio di Oxford, non sopravvive solo il 25% delle persone colpite da un infarto. L’altro 75% ha la possibilità di sopravvivere. Non solo. Tra il 2002 e il 2010 sono stati esaminati 800 mila casi di uomini e donne ed è stato verificato che la mortalità è calata del 50% nella fascia di età compresa tra i 65 e i 74 anni, cioè la fascia più a rischio. Dunque, si sono fatti progressi notevoli. Se nel 2000 morivano due colpiti da infarto su quattro, oggi, a distanza di dieci anni, ne muore solo uno, appunto il 25% di cui si parlava prima. Lo studio inglese insiste sulla prevenzione. I progressi ci sono stati perché ci sono farmaci curativi più efficaci, sono cambiati, come detto, gli stili di vita e in più si è capito che i grassi animali sono pericolosi per la salute delle coronarie. Viceversa, si è capito anche che diminuire il consumo di carne e aumentare quello di pesce e delle verdure è un buon viatico per la salute. L’altro aiuto ci viene dato dal-la vittoria sul vizio del fumo. Gl’inglesi hanno anche scoperto che la stessa percentuale di calo della mortalità non c’è stata per la fascia più giovane (30-55 anni). La causa di questa situazione stazionaria è la crescente obesità e il diabete, due malattie che destano grande allarme. Questa, però, è solo una parte dello studio inglese. L’altra parte è rappresentata dalla creazione in laboratorio di cellule staminali del cuore non embrionali ma con le stesse potenzialità. Si tratta di una scoperta tutta italiana a partire da studi compiuti dal giapponese Shinya Yamanaka, il quale riuscì a riportare cellule staminali adulte, cioè già differenziate, allo stato embrionale. Ciò fu fatto introducendo nel loro genoma pochi geni. Queste cellule staminali sono state definite “multipotenti indotte” (iPS). La ricerca italiana ha creato iPS cardiache.
In sostanza, pochi geni hanno ricordato alle cellule staminali adulte ciò che avevano fatto da “bambine”, cioè a diventare contrattili, il che è indispensabile per rigenerare un cuore infartuato. L’esperimento è riuscito ed ora si hanno non solo più probabilità di sopravvivere, ma anche di guarire la parte del cuore colpita da infarto, cosa che prima era assolutamente impensabile. [email protected]