
Sembra quasi una beffa del destino che in una giornata come quella di oggi, segnata dal tracollo dei mercati di tutto il mondo, si apra una delle manifestazioni più importanti e strategiche per l’economia dei vini, la 57a edizione del Vinitaly presso il Veronafiere.
Si tratta di un salone internazionale di vini e distillati che si afferma come indiscusso punto d’incontro favorevole e di riferimento per il business del settore, dove, nell’edizione di quest’anno, 140 Paesi e ben 4.000 aziende possono esporre e creare relazioni. Un evento che è un vanto tutto Made in Italy. Eppure, proprio quello dei vini è uno dei settori più penalizzati dai dazi americani e dunque, essendo una eccellenza italiana, è facilmente traducibile come una batosta per un mercato fondamentale del nostro Paese. Oggi non è solo la giornata dell’inaugurazione del Vinitaly, ma è soprattutto uno dei lunedì più neri per le Borse mondiali, “nessuno escluso”, come disse Trump per specificare che anche l’Italia dell’amica Meloni era compresa nel trattamento dazi, ma questa volta riguarda proprio gli USA. Già, perché anche gli Stati Uniti stanno soffrendo l’effetto dazi con Wall street che sta subendo duri colpi a causa della decisione di Trump, che però gioca a golf e tira dritto, insistendo sul fatto che i dazi siano una vera e propria opportunità, poiché offrono agli Stati Uniti “un grande potere di negoziazione”. E parlando con i giornalisti durante il volo di ritorno a Washington, si vanta del fatto di aver parlato con europei e asiatici e tutto il mondo che “muoiono dalla voglia di fare un accordo”, e avvisa che se questi Paesi non saranno disposti ad affrontare i deficit commerciali con gli Stati Uniti “non farò un accordo”.
Perfino il suo stretto collaboratore Elon Musk, attualmente ancora membro dell’amministrazione americana, nel suo ultimo intervento pubblico auspica un ritorno al libero commercio tra USA ed Europa, e afferma apertamente di aver consigliato al Presidente americano di favorire “una partnership molto stretta” con l’Europa, arrivando fino ad “una situazione di zero dazi nel futuro”.
Ma il tracollo delle borse internazionali e la guerra commerciale innescata con la mossa dei dazi del Tycoon, mettono in subbuglio il mondo intero tranne uno, che non sembra per minimamente preoccupato, ovvero il leader incontrastato della Lega. “Incontrastato” perché proprio nell’ultimo congresso della Lega di questo weekend è stato riconfermato per la terza volta segretario di partito. Durante i suoi interventi Salvini non ha accennato una minima preoccupazione per danni che i dazi stanno procurando al mercato nazionale e sembra più preoccupato ad accanirsi contro l’Europa di Bruxelles invece che contro gli USA di Trump, fautore del tracollo mondiale attuale. Invece, è il Green Deal il bersaglio su cui si scaglia affermando che è “quello il mega dazio, è a Bruxelles il problema per le nostre imprese, è lì che bisogna sfoltire”. Così Salvini mantiene salda la leadership fino al 2029 della Lega, dove i militanti lo acclamano per un ritorno al Viminale, come Ministro dell’Interno, ruolo che Salvini non disdegnerebbe, anche se l’idea non sembra per nulla piacere agli alleati di Governo e la risposta non tarda ad arrivare palesando un netto disaccordo alla proposta!
Nel giorno di inaugurazione del Vinitaly 2025, oltre al crollo delle borse, del libero mercato, crolla anche la speranza di un Viminale bis per il trumpiano Matteo Salvini. Quando si dice che tutto finisce a “tarallucci e vino”… o forse meglio – forse lui preferisce – a “dazi e vino”!
Redazione La Pagina