Anche solo un’ora di sonno in più aiuta a consumare meno zuccheri
Secondo le conclusioni di uno studio di un gruppo di ricercatori del King’s College di Londra, pubblicate sull’American Journal of Clinical Nutrition, dormire in quantità adeguata aiuta a prevenire l’insorgere di disturbi metabolici e a mantenere uno stile di vita più salutare, favorendo una corretta alimentazione e riducendo la ‘voglia’ di zuccheri e cibi dolci in genere, così come di carboidrati. Indagando il rapporto tra sonno e alimentazione in quarantadue volontari, gli studiosi hanno valutato l’opportunità di aumentare le ore di sonno in un gruppo di adulti abituati a dormire meno di sette ore a notte, ovvero il minimo indispensabile per avere un riposo ristoratore.
A metà di essi sono poi stati dati dei suggerimenti su come ottimizzare il riposo, piccole dritte sull’uso della caffeina nelle ore serali, sull’importanza di non andare a letto appesantiti dal cibo o affamati e via dicendo. L’altra metà ha invece continuato con le solite abitudini senza mettere in pratica nessuna delle dritte considerate.
I partecipanti hanno poi tenuto nota delle ore di sonno e del cibo assunto nei 7 giorni successivi e indossato tracker da polso per monitorare l’attività notturna. Passata una settimana è bastato incrociare i dati relativi al sonno raccolti dal sensore di movimento al polso dei partecipanti allo studio con le informazioni registrate dai partecipanti in una sorta di diario alimentare: ebbene i partecipanti che sono riusciti ad aumentare la durata del sonno si sono rivelati gli stessi cha hanno assunto meno zuccheri e carboidrati.
La correlazione tra aumento del sonno e diminuzione di nutrienti è da ritenersi certa ed evidente: l’86% dei volontari è rimasto a letto più a lungo dopo le istruzioni ricevute, e la metà di essi ha aumentato la durata del sonno da 52 a 90 minuti a notte, rispetto a prima dell’esperimento.
L’aumento del sonno è stato associato ad una riduzione della quantità di zuccheri assunti di 10 grammi al giorno in media. Inoltre, in quanti sono riusciti a dormire di più si è registrato anche un calo nell’assunzione di carboidrati, considerando anche quelli complessi. Tutto ciò ha probabilmente a che fare con l’alterazione degli ormoni che regolano il senso di sazietà. “La durata e la qualità del sonno rappresentano un tema di crescente interesse per chi si occupa di salute pubblica, dal momento che ormai non ci sono più dubbi sul fatto che rappresentino un fattore di rischio per diverse condizioni: dall’obesità al rischio di sviluppare diabete e malattie cardiovascolari, da una minore capacità di concentrazione al calo della concentrazione degli spermatozoi”, afferma Haya Al Khatib, ricercatrice del dipartimento di scienze della nutrizione al King’s College e autore principale della ricerca.
“Abbiamo dimostrato che le abitudini del sonno possono essere cambiate con relativa facilità negli adulti sani, utilizzando un approccio personalizzato. Speriamo di ottenere riscontri analoghi anche a medio e lungo termine: in questo modo potremmo arrivare a definire il sonno un valido rimedio per le persone obese o che presentano un rischio cardiovascolare più alto rispetto alla media”.