L’accordo sulla libera circolazione delle persone (ALC) in Svizzera è in vigore da 15 anni. Uno studio della SECO fa il bilancio: l’immigrazione è aumentata senza sostituire la manodopera indigena
L’immigrazione è da anni al centro di controverse discussioni politiche e ora è alla soglia di una nuova era quando entrerà in vigore il modello della “preferenza indigena”, compromesso per l’attuazione dell’iniziativa contro l’immigrazione di massa, che ha permesso di mantenere l’equilibrio con la libera circolazione delle persone, in vigore da 15 anni. Un periodo per un’analisi su cosa abbia significato per il lavoro e i salari svizzeri. La Segreteria di stato dell’economia (SECO) è inamovibile sull’opinione che l’accordo con l’Ue fa bene alla Svizzera. L’analisi dettagliata e a lungo termine sulle conseguenze dell’ALC non si lascia provare con i numeri, ad esempio il timore e i dubbi sull’immigrazione in Svizzera, ma il rapporto della SECO ha dimostrato alcuni effetti positivi della libera circolazione. L’alta e irrefrenabile immigrazione non ha scalzato gli impiegati svizzeri e non ha causato un effetto di dumping salariale. In 15 anni l’economia svizzera ha messo a segno uno sviluppo estremamente positivo, nonostante le difficoltà congiunturali e il franco forte. C’è stato soprattutto un aumento della manodopera specializzata per le attività economiche ad alto valore aggiunto, che hanno accelerato il cambiamento strutturale verso una crescente specializzazione dell’economia svizzera.
Dall’entrata in vigore dell’ALC l’immigrazione dalla zona UE-28/AELS è aumentata in media del 60%, con una media complessiva di 65.000 persone. Senza l’ALC le imprese avrebbero avuto una penuria di manodopera, secondo lo studio SECO. A beneficiarne sono stati sia i residenti sia gli immigrati, che hanno comportato una robusta crescita occupazionale, con gli immigrati esposti però a un rischio più alto di disoccupazione. Lo stesso discorso vale per i salari reali aumentati di un solido 0.8% l’anno, complessivamente equilibrato su tutta la fascia retributiva. Hanno avuto effetto positivo le misure d’accompagnamento all’ALC per i bassi salari, mentre per il personale qualificato c’è stata una pressione limitata verso il basso. Il direttore della sezione lavoro della Seco, Boris Zürcher, ha detto che “il PIL è cresciuto più velocemente della popolazione”. Gli imprenditori con sede in Svizzera hanno reclutato nel mercato Ue anche personale poco qualificato, per sostituire i lavoratori indigeni che hanno abbandonato tendenzialmente questi settori dell’economia. Dai dati raccolti emerge che l’immigrazione è complementare, cioè la Svizzera recluta manodopera in quei settori dove essa manca. Il timore verso gli immigrati, che avrebbero gravato sul sistema sociale, non è giustificato. Con l’8.2% gli stranieri presentano un’alta quota di disoccupazione (7% dai paesi Ue), molto più alta di quelle degli svizzeri con il 3.5%. In generale il 91% degli immigrati nei primi quattro anni della loro permanenza in Svizzera non hanno mai fatto ricorso alle prestazioni sociali. Lo studio si è limitato solamente sugli effetti della libera circolazione nel mercato del lavoro e tralasciato altri fattori che hanno avuto effetti negativi, come l’integrazione nella scuola, i problemi di traffico o i prezzi degli affitti. Queste mancanze manterranno le discussioni controverse sul tema e ora si attendono gli effetti della “preferenza indigena”, che in teoria dovrebbe dimezzare l’immigrazione, sempre che i datori di lavori in settori con più del 5% di disoccupazione riescano ad attuare la nuova legge, che è insoddisfacente e appare più come una soluzione di soccorso che definitiva.
G.S.