L’argomento spinoso dei vaccini divide fortemente l’opinione pubblica tra no-vax e pro-vax. A quanto pare, però, rischia di dividere fortemente anche il neo governo giallo–verde a causa di dichiarazioni e vedute divergenti.
L’argomento è delicato, ha sempre animato diversi forum di discussione e aizzato polemiche a non finire e a
desso si pone come argomento che mette in disaccordo le due forze di governo che fino adesso si sono mosse quasi parallelamente senza mettersi i bastoni tra le ruote. Da un lato, dunque, c’è il vicepremier Matteo Salvini, ministro degli Interni, che si fa portavoce della non obbligatorietà dei vaccini: “Garantisco l’impegno preso in campagna elettorale nel permettere che tutti i bimbi entrino in classe, vadano a scuola”, perché “la priorità è che i bimbi non vengano espulsi dalle classi” anche se non vaccinati, dice il vicepremier specificando che il suo intervento sarà rivolto in modo particolare a quei “10 vaccini obbligatori” considerati “inutili e in parecchi casi pericolosi se non dannosi”. Su questa esternazione è intervenuto l’immunologo Roberto Burioni, da sempre in prima linea per la difesa della necessità dei vaccini, che ha duramente ripreso il ministro affermando che “sono i dieci vaccini che hanno salvato e salvano, in tutta sicurezza, milioni di vite”. Ma la posizione contrariata di un immunologo non era poi così imprevedibile: la sorpresa arriva quando dall’altra parte della polemica troviamo proprio i “colleghi” di governo, gli alleati del famoso Contratto. In modo particolare il Ministro della Salute Giulia Grillo e l’altro vicepremier Luigi Di Maio, Ministro del Lavoro, sono dovuti intervenire sulla questione per ricordare a Salvini che quello della Salute, secondo la spartizione del bottino-governo, non è il suo campo: “Il contratto parla chiaro – ha detto il leader pentastellato –: vogliamo rivedere il decreto Lorenzin, assicurando comunque una tutela vaccinale ai nostri bambini. Poi ognuno ha la sua idea sui vaccini e la nostra la conoscete”. Questo per indicare che quello appena espresso dal collega leghista non è altro che una personalissima opinione e che nulla dovrebbe avere a che fare con il piano di governo. Lo stesso vale per la questione della scorta di Roberto Saviano: il vicepremier leghista ha espresso opinioni personali dalle quali i colleghi pentastellati prendono le distanze. Funziona così: Salvini prende un tema spinoso, uno di quelli che anima la folla e accende gli animi – immigrati, caso Saviano, vaccini – e ci costruisce una bella polemica attorno, infischiandosene di compromettere il già precario equilibrio tra Lega-M5s. Che Salvini, volutamente o no, stia facendo fatica a venir fuori dalla sua sindrome dell’infinita campagna elettorale ormai è chiaro un po’ a tutti, meno che agli alleati di governo.
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