Carissimi lettori de “La Pagina” adesso che la Corte Costituzionale ha bocciato anche gli ultimi pretestuosi ricorsi contro il Referendum confermativo per il quale siamo chiamati a esprimerci il prossimo 4 dicembre, spero vivamente che tutti voi abbiate compreso appieno il grande valore di questa chiamata.
Avrete già tutti ricevuto il plico referendario o sarete prossimi a riceverlo, alcuni di voi avranno già rispedito al Consolato la propria preferenza. Facciamo sentire la nostra voce di italiani innamorati del nostro Paese, diciamo sì, non affossiamo anche questa prospettiva.
I sostenitori del no, forse non un’accozzaglia ma di sicuro un’armata brancaleone molto variopinta, nei loro ultimi interventi proposti in questa testata propongono, loro si, un’accozzaglia di argomenti accusando i sostenitori del sì di populismo, avvalendosene loro stessi a piene mani per opporsi alla riforma di questo governo.
Il sì al referendum non priverà il parlamento della propria sovranità, lo renderà più efficiente perchè nel 2016 il mondo viaggia ad un’altra velocità rispetto al dopoguerra che vide nascere la nostra Costituzione. Tutti i più grandi Paesi del mondo hanno superato da decenni il bicameralismo paritario, in nessuno di essi è stata messa in discussione la democrazia e tutte queste nazioni hanno goduto a differenza dell’Italia di esecutivi stabili, che hanno il tempo e la necessaria libertà di manovra per poter mettere in opera il loro disegno politico, senza per questo sottrarsi al giudizio sovrano del popolo. Era l’aspirazione dell’ex premier Berlusconi che per un paio di decenni lo ha ripetuto come un mantra al suo popolo adorante. Adesso in sede referendaria opta per il no, addirittura dopo aver votato la riforma in parlamento.
Dobbiamo votare SÌ per finirla con rimpasti e rimpastini, salti della quaglia e maggioranze instabili spesso alla mercé di parlamentari senza scrupoli che operano guidati dai propri interessi e non dal mandato affidatogli dagli elettori.
Chi contesta la riforma da un lato sostiene che con una sola camera a legiferare non ci sarà più democrazia e poi in totale contraddizione con se stesso si lamenta che non è stato eliminato del tutto il Senato. Il ramo del parlamento con sede a Palazzo Madama cambierà funzione e si comporrà in maniera diversa rispetto al passato. E a differenza del passato sarà espressione dei territori. A guardar bene questa modifica è quella più netta in senso federalista di tutte quelle adottate dai molti governi susseguitesi negli ultimi decenni.
La cosa più grave di questa campagna referendaria è che i sostenitori del no, vedendo ben presto esauriti i loro futili argomenti si gettano sul governo. Renzi diventa la causa di tutti i mali: disoccupazione (esiste solo da due anni?), l’insicurezza delle nostre città (il poliziotto di quartiere fu istituito una decina di anni fa per eccesso di sicurezza?), l’immigrazione e i clandestini (quando più dell’80% dei reati in Italia è appannaggio dei cittadini appartenenti all’Unione Europea italiani e non), l’affossamento delle rappresentanze e della cultura italiana all’estero (siamo proprio sicuri che non abbiano anche rappresentato una comoda mangiatoia per tanti?). Le agevolazioni fiscali per gli italiani residenti all’estero le ha introdotte Renzi, però è lo stesso colpevole di non aver istruito i comuni (poveretti).
Non mi interessa entrare nel merito di queste argomentazioni, è possibile che qualcuna o tutte quante siano corrette e in buona fede, ma purtroppo (o per fortuna) non c’entrano niente con l’oggetto del dibattere referendario e cercare di incanalare sempre la discussione su questi argomenti è un atteggiamento controproducente e distruttivo.
Infatti l’Italia del no è stata politicamente ed economicamente spolpata proprio da coloro che oggi si ergono a paladini dell’antiriforma. Non serve fare i nomi per ricordare chi sono; loro imperversano da decenni sui tavoli della politica mostrando un’inconcludenza imbarazzante e quelli che oggi invocano una nuova Assemblea Costituente fatta con questi professionisti politicanti di lungo corso o pècca di memoria oppure soffre di eccessi masochistici.
Non perdiamo l’occasione di cambiare l’Italia. I principi fondamentali che hanno visto nascere la nostra Repubblica resteranno intatti e la riforma può finalmente darci una spinta verso il futuro. Essa è stata votata in Parlamento alla luce del sole, senza sotterfugi e molti di quelli che l’hanno prima approvata adesso per ripicca (o convenienza politica) dicono di no. L’operato del governo va poi giudicato a mente lucida sui numeri e sui fatti, ma finiamola, per favore, col prendere a pretesto la riforma costituzionale per portare avanti inconcludenti lotte intestine ai partiti e alle coalizioni.
E non confondiamo più la riforma messa a referendum con la modifica della legge elettorale. Due percorsi istiuzionali totalmente separati e distinti. Peraltro proprio in materia di legge elettorale proprio nei giorni scorsi il premier Renzi ha fatto un’apertura decisa verso le istanze di chi si opponeva alle modifiche proposte dal governo, dimostrando se ancora una volta ce ne fosse bisogno che non manca la disponibilità a dialogare con l’opposizione, esterna e interna. La riforma secondo l’opinione di alcuni cambierà troppo poco e quel poco lo cambierà in peggio, ci sarebbe da chiedere a questi signori, allo stato attuale chi potrebbe produrre e realizzare con successo l’iter costituzionale di una riforma più forte e migliore. Comincio a scorrere la lista di quelli che si schierano per il no: Berlusconi, Bersani, Brunetta, Cirino Pomicino, D’Alema, De Mita, Fini, Grillo, Salvini ecc. Buona fortuna Italia !
Francesco Di Benedetto
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