La truffa del “fake pass”
Chi non ha pensato, anche solo per un momento, magari per scherzare con gli amici, che con il Green pass obbligatorio qualcuno avrebbe trovato il modo, ovviamente illecito, di farci un business? Tutti ci abbiamo scherzato su, abbiamo provato a immaginare come, ma c’è stato chi ci ha creduto fortemente. Ed è così che ha messo in piedi una bella truffa con tanto di trentadue canali Telegram attivi e con migliaia di utenti iscritti dove proponevano, con garanzia assoluta di anonimato, la vendita dei green pass falsi, da pagare in criptovaluta o buoni acquisto di piattaforme per lo shopping on-line, ad un prezzo compreso tra i 150 e i 500 euro. I geni di questa truffa, quelli identificati nel corso dell’operazione effettuata dalla Polizia Postale, con i Compartimenti di Milano e Bari, con il coordinamento delle Procure della Repubblica presso i Tribunali di Roma, Milano e dei minorenni di Bari, sono in tutto quattro tra cui due minorenni, che ora dovranno rispondere di truffa e falso. Mentre nel frattempo le indagini sono concentrate all’identificazione degli amministratori di ulteriori canali individuati oltreché degli acquirenti.
Ma non attribuiamoci primati – non più di quelli che, onestamente, quest’anno l’Italia sta riuscendo a garantirsi nelle competizioni agonistiche – perché a fabbricar Green pass fasulli ci aveva già pensato la Francia che all’indomani dall’annuncio del certificato obbligatorio di Macron, ha fatto attivare una rete organizzata di “spaccio” di falsi passaporti sanitari dove operava addirittura una farmacista no-vax che lavorava nei centri vaccinali e vendeva certificati contraffatti su Snapchat al prezzo di 250 euro l’uno.
Italia, Francia e tutta l’Europa è coinvolta nello spaccio dei falsi Green pass, sappiamo che la polizia in Italia ha smantellato in tutto 10 diverse organizzazioni sul servizio di messaggistica Telegram collegato ad account anonimi dove era possibile contattare i venditori, che richiedevano il pagamento in criptovaluta, ma il fenomeno è più che diffuso “nell’offerta si diceva che questi passaporti falsi e questi vaccini erano disponibili non solo in Europa – ha spiegato il capo del Nucleo cyber-frode della Guardia di Finanza di Milano, Gian Luca Berruti – ma anche in altri paesi, ad esempio in Svizzera, nel Regno Unito, negli Stati Uniti, e abbiamo trovato anche la Nuova Zelanda e paesi lontani”. Anche in Svizzera potrebbero circolare dunque certificati fasulli, ma non dovevano esserne al corrente le diverse centinaia di passeggeri rimasti bloccati nelle ultime due settimane all’aeroporto di Zurigo, a causa del certificato Covid non disponibile, scaduto o scritto in una lingua diversa dall’inglese. Il problema è che se i certificati Covid presentati non soddisfano i requisiti di viaggio della loro destinazione non possono continuare il loro viaggio.
Molti dei nostri utenti che dalla Svizzera hanno preso un volo per l’Italia, hanno però lamentato l’assoluta mancanza dei controlli. A molti non hanno controllato nulla, l’unica richiesta generica è stata: “ha tutto il necessario?”, invalidando così eventuali tentativi di truffa con l’esibizione di pass fasulli. La rinomata efficienza svizzera…
Redazione La Pagina