Il mesto addio di Nicolas Sarkozy (“è colpa mia”) che non ha recuperato abbastanza voti da destra e che non ha convinto il centrista Bayrou che gli ha addirittura voltato le spalle
Domenica scorsa sei maggio, mezz’ora prima della chiusura dei seggi, le televisioni hanno dato l’annuncio che a Place de la Concorde, appuntamento del popolo di Nicolas Sarkozy, la festa era stata sospesa, mentre i preparativi fervevano a Place de la Bastille, tradizionale luogo di appuntamento del popolo socialista. Il segnale era chiaro, ancor prima che i seggi fossero chiusi. Nicolas Sarkozy non rideva più, come quel giorno di ottobre, quando rivolto alla Merkel con una mimica da Louis de Funès irrideva platealmente a Berlusconi e all’Italia che non avrebbero mantenuto gl’impegni presentati a Bruxelles in risposta alle sollecitazioni dell’Unione europea per far fronte alla crisi economica. Allora Sarkozy si considerava uno dei due protagonisti inattaccabili dell’Unione: Strauss-Kahn era fuori gioco per la storia dello stupro, vero o presunto ma comunque un tradimento plateale della moglie Anne Sinclair, nota giornalista, e come concorrente aveva un personaggio ritenuto da lui e un po’ da tutti di ripiego, un personaggio “normale”, senza grinta né genialità, addirittura “molle”, certamente non all’altezza di Monsieur Le président de la République Française in carica. Per Nicolas Sarkozy doveva essere “une promenade”, una passeggiata. Invece, la passeggiata è stata tutta per François Hollande, grigio presidente del Partito Socialista Francese, che proprio dall’autunno del 2011 cominciava a far parlare i sondaggi in maniera inaspettata. Era addirittura in vantaggio rispetto al presidente in carica, il quale non se ne curava, tanto era sicuro che con qualche discorso e con qualche colpo di teatro e in più con una buona campagna elettorale condotta all’insegna del decisionismo l’avrebbe spazzato via come le foglie in autunno. Però, più passava il tempo e più i sondaggi a favore di quel grigio candidato segnavano un vantaggio sempre più netto. Ancora una volta, però, la presunzione di Nicolas Sarkozy aveva la meglio, per cui ai modi sbrigativi univa quell’arroganza che deve aver irritato non poco i francesi. Poi, circa due mesi fa, era successo un fatto di cronaca tragica che aveva offerto a Sarkozy l’occasione per riconquistare l’elettorato deluso: un giovane terrorista musulmano aveva ammazzato un po’ di gente a distanza di una settimana. Il presidente non si era lasciato sfuggire quell’occasione per rilanciare il problema della sicurezza e per mostrare capacità di decisioni che solo lui, fautore della “France forte” poteva garantire, tanto più che sapeva destreggiarsi molto bene sulla scena politica internazionale. Qualcosa deve aver recuperato, ma lo scarto era così netto che l’unica possibilità di rimonta era nella sfida televisiva. Il duello si era risolto con un pareggio, secondo gli esperti di media. Non solo Sarkozy non era riuscito a “stracciarlo”, come aveva detto in altri tempi, ma Hollande il molle era riuscito a tenergli testa e comunque a non farsi cogliere in fallo.
Il risultato delle elezioni presidenziali francesi mostrano ancora una volta che le elezioni non si vincono con un duello televisivo, che al massimo può spostare uno 0,5%, ma non può cambiare davvero le cose. Si vince con la credibilità politica, con i programmi e con la capacità di realizzarli. Evidentemente, a Nicolas Sarkozy mancava qualcosa che gli ha impedito di avere dalla sua la maggioranza del popolo francese o, forse, quest’ultimo ha creduto di più alla capacità di Hollande di incarnare una svolta contro la crisi. Nell’ultima settimana Sarkozy ha fatto un atto pubblico di contrizione: si è pentito di non aver inserito nella Costituzione europea le radici cristiane dell’Europa. Troppo tardi per recuperare i voti cattolici, comunque un rimorso che sa di ipocrisia. Bisogna dire che Sarkozy qualcosa l’ha recuperato nelle ultime due settimane: era dato per perdente per 54 contro il suo magro e umiliante 46 e invece è riuscito ad essere sconfitto onorevolmente con il 48,4%. La sua dichiarazione, una volta appresa la sconfitta, è stata un amaro “è colpa mia”, aggiungendo che “Hollande va rispettato”. Erano in tanti, in Europa, ad augurarsi la sua sconfitta e sono in tanti che gioiscono: François Hollande, ora, dovrebbe tener fede alle promesse elettorali e disfare il direttorio Francia-Germania sulla linea del rigore e dei parametri europei a discapito della crescita. Dovrebbe favorire, invece, quella linea sostenuta anche in altri Paesi membri e in Italia, cosa incredibile ma vera, da Giulio Tremonti e da Berlusconi, i suoi due fan ufficiali (oltre, in particolare, i leader del Psi e del Pd), i quali hanno sostenuto la necessità di dotare la Banca centrale europea (Bce) del potere di gestire la crisi con gli eurobond, esattamente come una banca nazionale che prima dell’euro poteva intervenire a difesa della propria moneta. La svolta, dunque, è stata annunciata e ci sarà, incarnata da Hollande, il quale si rende autore della sconfitta di un altro dei tanti leader spazzati via dalla crisi economica.