Gli svizzeri sono chiamati alle urne per le votazioni popolari del 18 maggio, tra le iniziative quella “sui salari minimi”
L’iniziativa popolare «Per la protezione di salari equi (Iniziativa sui salari minimi)» chiede che la Confederazione e i Cantoni promuovano contratti collettivi di lavoro che prevedano salari minimi e che sia introdotto un salario minimo nazionale legale di 22 franchi l’ora, pari grosso modo a 4000 franchi al mese. L’iniziativa promossa dall’Unione sindacale svizzera USS sostiene che “Paese tra i più ricchi al mondo, la Svizzera deve il suo benessere all’operosità delle lavoratrici e dei lavoratori. Ciononostante, quasi un lavoratore su dieci guadagna meno di 22 franchi l’ora, vale a dire meno di 4000 franchi al mese (x12) per un lavoro a tempo pieno”. E per questo sarebbe necessario un salario minimo nazionale che protegge i salari svizzeri dal dumping salariale, ma anche le aziende corrette dalla concorrenza a basso costo. “Il fatto che 330‘000 persone lavorino duramente per guadagnare così poco è una vergogna ed è indegno per un paese ricco come la Svizzera. Sono numerose le professioni interessate: la commessa di un negozio di scarpe, l’assistente di volo, il giardiniere e molti altri ancora”, sono gli argomenti di chi combatte l’iniziativa, soprattutto quelli sostenuti dal padronato e dai partiti di destra e di centro che fanno innanzitutto riferimento a altri paesi dove già è stato introdotto un salario minimo come la Francia, e il comitato sostiene che “la maggior parte degli studi realizzati negli ultimi 15 anni in Francia e negli Stati Uniti giungono alla seguente conclusione: l’introduzione di un salario minimo ha l’effetto di trascinare i salari verso il basso. Le persone meno qualificate e i giovani sono le prime vittime di questo sistema. Negli anni ’80, una persona su dieci beneficiava del salario minimo in Francia. Oggigiorno, questa proporzione è di una persona su sei”. Anche il Consiglio nazionale e il Consiglio degli Stati hanno respinto l’iniziativa con 137 voti contro 56 e 2 astensioni nel Consiglio nazionale e 29 contro 12 senza astensioni per il Consiglio degli Stati.
Le previsioni
Se si fosse votato a inizio aprile l’iniziativa sarebbe stata bocciata dal 52% dell’elettorato. I “Sì” erano il 40% e gli indecisi l’8%. Ad approvare il testo, che esige un salario minimo generalizzato a livello svizzero sono i sostenitori dei Verdi e il PS (entrambi con il 67%). Contrario invece l’elettorato PPD (54% di “No”), PLR (69%) e UDC (67%). È interessante vedere i risultati dell’analisi per categoria di reddito: solo il 42% di chi guadagna meno di 3.000 franchi al mese sostiene l’iniziativa, gli oppositori sono il 39% e gli indecisi il 19%. Chi guadagna tra 3.000 e 5.000 è in maggioranza (60%) contrario. È pure scettico chi guadagna 5-7.000 franchi (49% di “No”) e 9-11.000 franchi (62%). Tra gli alti salari, oltre 11.000, il risultato è senza appello: 73% di “no”. I più convinti sostenitori del testo dell’USS sono quelli che guadagnano tra 7.000 e 9.000 franchi (55% di “Sì”).
Marina Carobbio, Consigliera nazionale PS: situazione troppo grave per aspettare affinché tutti possano vivere in maniera dignitosa!
Le iniziative spesso rappresentano richieste ed esigenze della popolazione, questa votazione è il frutto di un dumping salariale ormai insostenibile?
Che il dumping salariale ci sia e cresca le pressione sui salari è evidente. In Svizzera una persona su dieci guadagna ancora meno di 4000 franchi. In Ticino questa percentuale arriva addirittura al 20%! I dati pubblicati recentemente all’ufficio federale di statistica mostrano chiaramente anche che le disparità aumentano: mentre per le fasce medio basse i redditi stagnano – con salari che crescono di poco o niente e redditi erosi da costi dell’alloggio e per le casse malati – gli stipendi sono aumentati soprattutto per i salari più alti. Per non parlare dei manager dove in alcuni casi salari e retribuzioni raggiungono livelli aberranti e scandalosi. Sempre secondo i dati più recenti dell’Ufficio federale di statistica la disparità di trattamento tra uomo e donna con uguale qualifica è addirittura in aumento. Le crescenti distorsioni del mercato del lavoro mostrano la necessità di agire anche con la fissazione di un salario minimo.
Uno degli argomenti principali, comune ad entrambi i comitati, è la sicurezza del lavoratore, ma parlando chiaro, a chi torna utile e chi danneggia l’iniziativa?
L’introduzione di un salario minimo è nell’interesse di quelle 330’000 persone che oggi in Svizzera, pur lavorando a tempo pieno, non guadagnano sufficientemente per condurre un vita dignitosa. Due terzi di esse sono donne. L’introduzione di un salario minimo è la misura più efficace per combattere il dumping salariale le disuguaglianze tra i sessi. Una misura che va però anche a vantaggio dell’economia, dal momento che aumenterà il potere d’acquisto di molto lavoratori e lavoratrici, soldi che verranno reinvestiti nell’economia. Non vedo dunque svantaggi da questa proposta.
Esistono differenze non solo dei salari, ma anche dello standard di vita nei vari cantoni in Svizzera. Queste differenze non dovrebbero essere prese in considerazione per il salario minimo?
Anche in Ticino dove i redditi e i salari medi sono inferiori alla media Svizzera, si fa fatica a vivere con meno di 4000 franchi al mese! I costi delle casse malati sono tra i più alti della Svizzera, negli agglomerati gli affitti crescono e gli affitti in molte città ticinesi sono paragonabili a quelli di altre città Svizzere. E poi si deve paragonare quanto è paragonabile: ad esempio il costo delle pigioni tra le città, non tra città e campagna. Dove peraltro ci sono più costi ad esempio di trasporto o per la formazione, dal momento che i centri sono più distanti.
Perché è giusto/ingiusto che lo stato svizzero intervenga nella politica dei salari delle aziende?
Anche con l’introduzione di un salario minimo il partenariato sociale rimarrà importante e permetterà di continuare a contrattare tutti gli altri aspetti dei contratti di lavoro. D’altronde il testo dell’iniziativa lo dice chiaramente, la Confederazione deve promuovere i contratti collettivi. Purtroppo solo un salariato su due ha contratto collettivo. E molti contratti collettivi o non contengono salari minimi o questi sono ben inferiori ai 4000 franchi. Addirittura in alcuni casi dove sono stipulati dei contratti collettivi si assiste a delle disdette da parte del padronato. La situazione del mercato del lavoro per quanto riguarda i bassi salari è troppo grave per poter aspettare ancora decenni affinché tutti possano vivere in maniera dignitosa. Ecco perché ci vuole un salario minimo di 4000 franchi.
Siamo agli sgoccioli di queste votazioni: quali sono, a suo parere, le conseguenze di un Sì?
Il salario minimo è il migliore strumento contro il dumping salariale. Come detto permetterà anche di combattere le disparità salariali fra i sessi. L’introduzione di un salario minimo poi si ripercuoterà positivamente sull’economia, aumentando il potere d’acquisto di molte persone.
Ignazio Cassis, Consigliere nazionale PLR: Perché mai dovremmo copiare gli errori di chi sta peggio?
Le iniziative spesso rappresentano richieste ed esigenze della popolazione, questa votazione è il frutto di un dumping salariale ormai insostenibile?
Le iniziative popolari sono tradizionalmente lo strumento che consente a una minoranza della popolazione, che ritiene di essere insufficientemente rappresentata in parlamento, di avanzare le proprie richieste. Il loro aumento numerico negli ultimi anni riflette un uso sempre più strumentale (autopromozione) da parte dei partiti politici e di altre organizzazioni. Nel caso specifico i sindacati utilizzano lo strumento dell’iniziativa popolare per adempiere alla loro funzione di aumentare i salari e proteggere l’occupazione sindacalizzata. Ciò perché negli ultimi anni in Svizzera il dumping salariale è effettivamente aumentato, mentre le misure di controllo previste sono state insufficientemente utilizzate. Questa iniziativa propone radicali cambiamenti.
Uno degli argomenti principali, comune ad entrambi i comitati, è la sicurezza del lavoratore, ma parlando chiaro, a chi torna utile e chi danneggia l’iniziativa?
Quest’iniziativa torna utile ai sindacati: una vittoria aumenterebbe il loro prestigio e la loro forza contrattuale. Danneggerebbe però tutta la Svizzera, in particolare i lavoratori più deboli e peggio qualificati. La situazione economica europea è infatti poco prospera e se la Svizzera ne sta uscendo meglio di altri è proprio grazie alla flessibilità del mercato del lavoro, che consente di reagire rapidamente e in modo mirato alle minacce. Tale flessibilità si fonda sulla ricerca di soluzioni specifiche per ogni settore professionale e area geografica: falegnami e bancari sono mestieri diversi, Ginevra e Appenzello sono realtà diverse! I partner sociali (padronato e sindacati) giocano un ruolo centrale: proprio questa ricchezza andrebbe persa con l’obbligo del salario minimo uguale in tutta la Svizzera e per ogni professione. Un colpo micidiale al modello svizzero del benessere.
Il salario inferiore a 4’000 franchi viene considerato da tanti come sfruttamento del personale, magari anche nei confronti di lavoratori stranieri. Cosa ne pensa a riguardo?
Qual è il salario giusto di una persona? Non lo può decidere lo Stato, altrimenti torniamo all’economia statale dell’Unione sovietica. Se qualcuno crede che quel modello sia migliore, deve solo recarsi oggi a Pyonyang (Corea del Nord) e guardarsi attorno! Il salario giusto lo determina il mercato. Ammettiamo che io sia il proprietario di una piccola impresa famigliare. Se assumo un giovane poco qualificato, che con il suo lavoro non produce 22 franchi/ora (i famosi 4000 al mese), allora non posso pagarlo 4000 franchi, ma forse solo 3200. Se sono costretto a pagarlo 4000 non mi resterà che licenziarlo. Chi ci perde? Se invece il giovane produce 22 o più franchi/ora e io lo pago solo 20 perché sono uno strozzino, allora il giovane se ne andrà alla ricerca di chi gli riconosce la giusta remunerazione per le sue capacità e io ci perderò. Questa è l’economia di mercato.
Perché non è giusto che lo stato svizzero intervenga nella politica dei salari delle aziende?
Perché la Svizzera è ancora oggi un modello di successo, invidiatoci da tanti altri Paesi. Qui viviamo dignitosamente e resistiamo bene alle crisi internazionali. Perché mai dovremmo copiare gli errori di chi sta peggio? Ben 21 Paesi su 28 dell’Unione europea hanno introdotto un salario minimo: stanno forse meglio di noi?
Siamo agli sgoccioli di queste votazioni: quali sono, a suo parere, le conseguenze di un Sì?
Un SÌ sarebbe soprattutto un mutamento radicale del modello svizzero di libertà, flessibilità e responsabilità. Particolarmente rischioso è poi il livello del salario minimo: con l’iniziativa i sindacati pretendono 22 fr./ora, oltre il doppio per esempio del minimo tedesco (8.50 €/ora). Non bisogna essere profeti per prevedere l’arrivo in massa di tedeschi, francesi e italiani a cercare un impiego in questo Eldorado! Essi sostituiranno la nostra manodopera e i meno qualificati resteranno per strada e vivranno di aiuto sociale, la cui spesa esploderà. Invito perciò i cittadini a votare NO e a respingere questa rivoluzione. Però mi auguro che l’iniziativa serva a stimolare il partenariato sociale per trovare soluzioni equilibrate sia per le varie professioni, sia nelle diverse regioni svizzere.