In onda dal 14 marzo la fiction ispirata alla storia del magistrato Alfonso Sabella
La lotta tra lo Stato e la mafia nei primi anni Novanta, quelli in cui le stragi erano all’ordine del giorno in
un’Italia ferita ma non del tutto rassegnata: questa la trama della nuova fiction di Rai Due, sei puntate in onda in prima serata a partire dal 14 marzo.
Liberamente ispirata alla vita del magistrato Alfonso Sabella, sostituto procuratore del pool antimafia di Palermo di Gian Carlo Caselli, la serie diretta dai giovani registi Stefano Lodovichi e Davide Marengo ha come protagonista il giovane Francesco Montanari che interpreta il ruolo di Saverio Barone, il cacciatore del titolo, un magistrato occupato in un’indagine sulla mafia dei Corleonesi. Nel cast anche David Coco (Leoluca Bagarella), Paolo Briguglia (Tony Calvaruso), Francesco Foti (Calo Mazza), Marco Rossetti (Leonardo Zaza), Roberta Caronia (Vincenzina Marchese), Miriam Dalmazio (Giada Stranzi), Roberto Citran (Andrea Elia), Edoardo Pesce (Giovanni Brusca), Dario Aita (Pasquale Di Filippo) e Nicola Rignanese (Cesare Bonanno).
‘Il Cacciatore’ “è un prodotto che si inserisce nella strategia di offerta ampia e diversificata di Rai Fiction che lavora sulle tre reti generaliste e, dunque, sulla possibilità di rivolgersi a spettatori che non rientrano nell’alveo tradizionalmente generalista di Rai1”, ha spiegato il direttore di Rai Fiction, che ha poi continuato sottolineando come la fiction per Rai 2 “racconta storie scomode, personaggi complessi, con virtù e difetti, con le loro passioni profonde, un linguaggio che esce dalle convenzioni rassicuranti non solo del racconto, ma del modo di raccontarlo. Coerente con questa premessa narrativa, la natura del protagonista, non un eroe da santificare, ma un uomo complesso, con un carattere ruvido, non compiacente, fragile al punto di rischiare di cadere, ossessionato dalla missione in bilico tra senso dello Stato e ambizione. Siamo sulla linea della serialità meno stereotipata e più sfaccettata”, ha concluso.
Dello stesso parere il protagonista che volontariamente non ha voluto conoscere prima delle riprese il magistrato Alfonso Sabella, che ha raccontato la sua vita nel libro ‘Cacciatore di mafiosi’. “Sono felicissimo di aver fatto ‘Il cacciatore’ perché è la dimostrazione che il bene può essere cool. La differenza tra una fiction e una serie è una: la fiction lavora sugli stereotipi, la serie sull’umanità. Noi raccontiamo personaggi fallibili. Barone non è Alfonso Sabella, in tutto quello che fa tranne nei fatti di cronaca che lo vedono coinvolto.
Non ho voluto conoscere il giudice prima delle riprese, ma mi sono prima confrontato con i registi. Temevo di farmi fuorviare da un’idea preimpostata prima di leggere la sceneggiatura. Dopo i primi ciak, ho avuto l’onore di incontrare Sabella che è venuto a trovarci sul set: lì mi sono detto che l’approccio avrebbe dovuto essere molto serio e rigoroso rispetto alle vere vicende vissute da Sabella.
Lui mi ha dato una grossa mano in particolar modo nelle scene in cui dovevo interrogare i criminali. Sabella mi ha dato un suggerimento ‘devi metterci l’umanità necessaria per farti dire quello che ti serve ma dentro di te non devi dargli altrettanta dignità’”, ha spiegato l’attore romano. Nella serie, oltre l’arresto di boss come Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca anche il racconto del rapimento del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del collaboratore di giustizia Santino, che ha segnato un punto di non ritorno nella storia di mafia: quello di non toccare i bambini.
foto: Ansa