Tanti i punti interrogativi attorno alla scomparsa di Jamal Khashoggi
Quello che si sa è che l’editorialista del ‘Washington Post’, nato il 13 ottobre 1958 a Medina, in Arabia Saudita, e scomparso dopo essere entrato il 2 ottobre scorso nel consolato di Riad a Istanbul, è stato negli ultimi tempi una voce critica nei confronti del principe ereditario Mohammed bin Salman.
Resti del corpo del giornalista saudita Jamal Khashoggi sono stati trovati nel consolato di Riad a Istanbul: lo ha sostenuto Dogu Perincek, leader del partito di opposizione turco Rodina, in dichiarazioni rilanciate da Haberler. Secondo Perincek, parti del corpo martoriato dell’editorialista del Washington Post sono state rinvenute in un pozzo nel giardino del consolato. Sette lunghissimi minuti per morire. Sarebbe questo il tempo impiegato dagli assassini di Jamal Khashoggi per ucciderlo, dopo averlo picchiato e brutalmente torturato. Sette minuti d’inferno ricostruiti da alcuni quotidiani turchi – che riferiscono dell’esistenza di un audio che proverebbe le atrocità subite dall’editorialista del Washington Post – che raccontano di una morte raccapricciante.
Nel giorno dell’apertura a Riad della conferenza sugli investimenti disertata dai big della finanza mondiale sull’onda dello sdegno per il caso Khashoggi, il ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita, Adel al-Jubeir, ha confermato l’impegno della monarchia del Golfo a “un’indagine esauriente” sull’omicidio.
Dall’Indonesia, al-Jubeir ha ribadito che saranno arrestati i responsabili della morte dell’editorialista del Washington Post, scomparso dopo essere entrato il 2 ottobre nel consolato saudita a Istanbul. “Saranno adottate le misure necessarie per garantire che quello che è accaduto non si ripeta”, ha detto al-Jubeir. In giornata è atteso un discorso del presidente turco Recep Tayip Erdogan che ha promesso di fornire la “nuda verità” sulla morte di Khashoggi.
I vertici dell’Arabia Saudita “faranno in modo che le indagini siano approfondite e complete, che la verità venga a galla e che i responsabili siano tenuti a renderne conto”, ha detto al-Jubeir dopo un incontro a Giacarta con l’omologo Retno Marsudi. Riad, ha ribadito il ministro, si attiverà affinché “meccanismi e procedure vengano adottati per garantire che non accada mai più nulla di simile”. Ieri al-Jubeir ha incontrato il presidente indonesiano Joko Widodo. Giacarta, hanno riferito i media locali, ha manifestato “preoccupazione” per il caso Khashoggi.
Chi era?
Da giornalista, Khashoggi aveva raccontato storie rilevanti del secolo scorso tra cui l’invasione sovietica dell’Afghanistan e l’ascesa di Osama bin Laden. Per molti anni è stato inoltre molto vicino alla famiglia reale saudita, svolgendo in alcuni casi anche la figura di consigliere del governo.
Proveniente da un’importante famiglia saudita con origini turche (il nonno è stato medico personale del fondatore dell’Arabia Saudita, il re Abdul Aziz al-Saud), ad un certo punto, si legge sulla Bbc, ha iniziato a non essere più ben visto nel suo Paese e da giugno 2017 ha scelto l’esilio autoimposto negli Stati Uniti. E da lì, attraverso le colonne del ‘Washington Post’, ha lanciato le sue critiche nei confronti delle politiche del suo Paese. “Quello di cui ha bisogno maggiormente il mondo arabo è la libertà di espressione” scriveva alcuni giorni fa, mentre in un articolo per il WP arrivato all’editore il giorno dopo la sua scomparsa si legge: “Il mondo arabo sta facendo i conti con una propria versione della cortina di ferro, imposta non da agenti esterni ma da forze interne in lotta per il potere”.
Adnkronos
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