A tre scienziati statunitensi il Nobel per la Medicina
Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young rispettivamente delle Università di Brandeis a Waltham, del Massachussetts e della Rockefeller University, si sono aggiudicati il Nobel 2017 per la Fisiologia e la Medicina per le scoperte sui meccanismi molecolari che controllano il ritmo circadiano.
E’ solo grazie al risultato delle loro ricerche che oggi si è in grado di capire come tutti gli esseri viventi, dalle piante agli umani, adattano il loro ritmo biologico all’ambiente circostante in modo che sia sincronizzato con le rivoluzioni del nostro pianeta. Com’è noto il nostro organismo è adattato, o meglio sincronizzato, alle diverse fasi del giorno e della notte, regolando di conseguenza le diverse attività basilari per il suo corretto funzionamento, dai ritmi veglia sonno al comportamento alimentare, dal metabolismo alla temperatura corporea, dal rilascio degli ormoni alla pressione sanguigna. Alla base del funzionamento di questo quasi infallibile orologio biologico il gene Period o più semplicemente Per: partendo dall’osservazione dei moscerini della frutta, presi come organismo modello, i ricercatori hanno isolato questo gene dimostrando che riesce a controllare il normale ritmo biologico quotidiano attraverso la produzione di una proteina che si accumula nelle cellule durate la notte per venire poi degradata durante il giorno, sempre nello stesso intervallo di tempo. In sostanza i livelli di proteine PER oscillano su un ciclo di 24 ore, in sincronia con il ritmo circadiano.
Siamo negli anni ’80 e questa scoperta, per quanto desti un certo scalpore, rimane però priva dell’eco che merita. In effetti il mondo scientifico non riusciva ancora a spiegare come la proteina in questione riuscisse a penetrare nel nucleo determinando e generando precise oscillazioni circadiane. In altre parole: come faceva l’orologio ad essere sempre preciso e a non andare avanti o rimanere indietro? La risposta arriverà soltanto nel 1994 per merito di Young che ha identificato un secondo gene, Timeless (senza tempo, Tim per gli addetti ai lavori) che produce la proteina che ha lo stesso nome e che, legandosi alla proteina Per, la aiuta a penetrare nel nucleo delle cellule per un normale ritmo circadiano. Sempre a Young dobbiamo la scoperta di un terzo gene, Doubletime, responsabile della codifica di un’altra proteina: si giunse così all’informazione mancante per capire come l’orologio biologico potesse adattarsi con grande precisione ad un ritmo di 24 ore.
Il primo studioso a rivelare l’esistenza dei ritmi circadiani nelle piante fu Jacques d’Ortous de Maira, un astronomo del 18esimo secolo che si accorse di come le foglie di mimosa si spalancavano di giorno e si richiudevano la notte: la cosa straordinaria era però che questo accadeva anche quando le piante si trovavano sempre al buio, segno che non era la luce diretta, ma qualche meccanismo interno alle cellule a regolare questo comportamento.
Le piante sembravano dunque avere un proprio orologio biologico. Altri ricercatori hanno poi scoperto che non solo le piante, ma anche gli animali e gli esseri umani hanno un orologio biologico che adatta l’organismo e le funzioni fisiologiche alle varie ore della giornata. Questo adattamento regolare è quello che viene definito come ritmo circadiano. Grazie alle scoperte di Hall, Rosbash e Young è nata così la biologia circadiana che si è sviluppata come un campo di ricerca vasto e dinamico, con implicazioni importanti per la nostra salute e il benessere.