Lo scorso 27 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, si è tenuto un incontro presso l’Institut auf dem Rosenberg. Quest’anno, a differenza degli scorsi anni è stato trattato un argomento differente, si è parlato infatti di una vicenda che è stata a lungo infangata e che solo recentemente è stata riportata alla luce ed inserita in alcuni testi scolastici: la tragedia delle foibe.
Questa delicata vicenda della storia italiana ci è stata esposta dalla professoressa Erika Zettin (docente di italiano presso l’istituto), figlia di esuli istriani.
Che cosa sono le foibe e che cosa è successo precisamente nel periodo compreso tra il 1943 e il 1947? Come ha spiegato la prof.ssa Zettin, dal punto di vista geologico le foibe non sono altro che delle cavità naturali, delle grotte verticali tipiche della regione dell’Istria. La parola foiba ha però assunto un altro terribile significato: è il termine con cui vengono indicati i massacri compiuti dai partigiani jugoslavi e dai comunisti di Tito ai danni della popolazione italiana residente nella penisola istriana.
Nella primavera del 1945, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, l’esercito jugoslavo guidato dal già citato Tito marciò verso i territori giuliani occupando Trieste e l’Istria e uccidendo senza pietà migliaia di persone (si stima che il numero delle vittime si aggiri intorno ai 10000 individui, ma i dati a riguardo sono ancora incerti). Spesso coloro che venivano catturati venivano condotti fin sull’orlo di una foiba e legati insieme con del fil di ferro, dopodiché chi era “fortunato” veniva ucciso con un colpo di pistola alla testa e il suo cadavere, precipitando, trascinava con sé l’altra persona ancora viva, la quale spesso moriva dopo una lunga agonia. Migliaia furono le persone che fuggirono in Italia, ma l’accoglienza che ricevettero non fu quella sperata. L’indifferenza e la disinformazione li facevano infatti apparire all’opinione pubblica come dei “criminali”. Dal momento che fuggivano da un regime comunista venivano etichettati come fascisti e vennero così lasciati soli nei campi profughi. La loro tragedia venne dimenticata e condannata all’oblio per decine di anni.
La presentazione è continuata con la proiezione di un video di uno spettacolo teatrale intitolato “Magazzino 18”, ovvero il nome del luogo dove sono tutt’oggi conservati gli oggetti che gli esuli istriani e giuliano-dalmati portarono con loro durante la fuga.
Alla fine dell’esposizione la prof.ssa Zettin ha trasmesso un forte messaggio a tutti i presenti: questa tragedia non va dimenticata, né ignorata. Il 10 febbraio del 2005 il governo italiano ha deciso di dedicare la giornata a tutte le vittime delle foibe, giornata che ha preso il nome di Giorno del Ricordo. Nonostante ciò, questa tragedia viene ricordata in modo ancora troppo superficiale. Questo dramma è stato infatti frutto di una damnatio memoriae vergognosa e da taluni considerata addirittura “necessaria” per non dover ammettere anche i molti errori compiuti in nome della Resistenza.
Ricordare gli italiani uccisi nelle foibe dai comunisti di Tito tuttavia è un atto di giustizia dovuto, poiché la mancanza di verità storica costituisce un grosso oltraggio alla memoria di tutte le vittime delle foibe.
Haila Capovani
Allieva Liceo Rosenberg