Il piano sul lavoro sarà presentato la prossima settimana. Previsti mille euro di indennizzo per chi perde il lavoro in sostituzione dell’articolo 18
Nonostante i malumori sempre più crescenti all’interno del partito di Renzi, dove la minoranza di sinistra del Partito Democratico, quelli che lui chiama “vecchie guardie”, si oppone ai piani sul lavoro, e nonostante il palese scontento dei sindacati, Renzi appare deciso: il piano sul lavoro è quasi pronto e sarà presentato il prossimo 29 settembre alla direzione del partito.
Quello che fa storcere il naso ai suoi oppositori è soprattutto il fatto che si voglia mettere mano sul famigerato articolo 18, ovvero quello sulla tutela dei lavoratori, e in modo particolare sui punti relativi ai licenziamenti illegittimi. Secondo i piani del Governo, attraverso l’attuazione del Jobs act, l’articolo 18 avrà vita breve. I toni si alzano all’interno del partito e c’è chi, come Bersani, non ci sta a farsi definire “conservatore”. “Con la mia storia conservatore non me lo dice”, afferma Pier Luigi Bersani al Tg1, “Vecchia guardia posso accettarlo, ma più vecchia guardia di Berlusconi e Verdini chi c’è? Vedo che loro sono trattati con educazione e rispetto, spero che prima o poi capiti anche a me”. Come sostenuto anche da Pippo Civati, nel PD c’è chi pensa che dopo le europee “si possa far finta che non è cambiato niente con l’idea che ‘si mette lì Renzi a far la foglia di fico, tanto poi continuiamo noi a governare’”, ma non sarà così, avverte il segretario-premier. Renzi ha infatti più volte spiegato di non voler tradire il mandato ricevuto dagli elettori alle europee: il 40% degli italiani ha scelto il “cambiamento” da portare avanti a dispetto della “vecchia guardia”. Così come è stato a luglio per le riforme, Renzi seguirà la stessa via per il lavoro, così come per l’intero percorso dei Mille giorni. Dal partito arrivano anche le accuse di chi sostiene che Renzi presti maggiore attenzione alla destra invece che al partito, che la sua politica sul lavoro si conformi maggiormente a una politica di “destra”, come accusa Fassino, e che l’unica vera innovazione sia “un’innovazione di destra e un riformismo di sinistra” sostiene Vannino Chiti.
La minoranza si appresta quindi a presentare emendamenti alla delega sul lavoro e nel frattempo spera in un confronto con Renzi: nel caso in cui questo venga rifiutato, molti potrebbero sentirsi liberi di non votare il provvedimento. “Così come c’è stata libertà di voto sul Senato, credo che ci sia anche su un tema delicato come il lavoro” dice Bersani. Ma anche su questo punto la minoranza trova uno zoccolo duro: “La libertà di voto – dicono i deputati Bonaccorsi, Gelli e Magorno – sarebbe un attacco al partito. Una volta che viene indicata una strada, tutto il partito ha il dovere di seguirla”. Per quanto riguarda i sindacati, una piccola apertura arriva dal segretario della Uil Luigi Angeletti per il quale, però, non devono essere toccate le tutele acquisite fino adesso: “Non si deve togliere nessuna protezione a coloro che già ce l’hanno. Se si tratta di dare un diverso sistema dai licenziamenti illegittimi a coloro che, o sono disoccupati, o hanno dei contratti per i quali non sono previste tutele, cioè di dare qualcosa di più a chi non ha nulla, è ovvio che noi siamo disposti a discutere sul fatto che non necessariamente dovrà continuare a essere quello che oggi è scritto sull’articolo 18, quindi la reintegra anche nei casi di licenziamento per motivi economici”. Si dichiarano aperti al dialogo e disponibili a discutere senza inutili lotte anche dal fronte Cgil con un post su un social: “Basta insulti al sindacato: guardiamoci negli occhi e discutiamone”. L’organizzazione guidata dalla Camusso sceglie così la via del social network per replicare al premier Matteo Renzi e alle accuse di chi definisce le lotte del sindacato come battaglie del passato.
Tra le novità che maggiormente trovano l’opposizione da più parti, si capisce che è proprio il “superamento” dell’articolo 18 ad accendere le discussioni. Il reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento giudicato illegittimo sarà sostituito da un indennizzo economico, che si traduce in assegno mensile, legato all’anzianità aziendale. L’assegno mensile potrebbe arrivare fino a mille euro. Farebbe eccezione però il licenziamento discriminatorio per il quale resterebbe il reintegro nel posto di lavoro. Tale provvedimento favorirebbe invece “il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio” per tutti i neoassunti o per i passaggi da un’azienda all’altra. Ma il Jobs act prevede anche altri provvedimenti, come il riordino della cassa integrazione con nuovi limiti all’utilizzo dello strumento; la razionalizzazione degli incentivi all’assunzione e in generale riordino dei servizi del lavoro e delle politiche attive; la rimodulazione dell’Aspi (l’assegno di disoccupazione) in relazione alla carriera contributiva del lavoratore con l’estensione, però, anche ai collaboratori; le ferie ‘solidali’ secondo cui si prevede la possibilità per il lavoratore che ha un plus di ferie di cederle a colleghi che ne abbiano bisogno per assistere figli minori che necessitano di cure.