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21 November 2024
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STORIE di Gianni Farina

Il messaggio della razza umana di Albert Einstein

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Angeli negri, il triste canto di Don Marino Barreto Junior

Leggo, allibito, le cronache quotidiane che annunciano i fatti e misfatti che accadono nel nostro vivere quotidiano. Le istituzioni alto atesine – o del Sud Tirolo, se vi pare più giusto – che chiedono di specificare l’appartenenza razziale su uno dei tanti formulari della nostra burocrazia.

Ai bolzanini un po’ crucchi, a cui, nella traduzione dal tedesco all’italiano, è forse scivolata la penna, si è aggiunta Venezia, la città che si aprì al mondo, tracciando le vie della seta nell’abbraccio alla civiltà millenaria del dragone. La cronaca racconta il fatto senza che appaia il pur minimo segno di reazione indignata.  Koulibaly, il difensore del Napoli calcio, imponente come la quercia che domina il costone dell’alpe e a cui, persino la saetta ha risparmiato la scarica assassina, è colpito dall’ululato degli ultras – questi sì, una razza malvagia – che lo avvicinano all’orangotango della foresta equatoriale. E Ancellotti, l’eroe dei passati trionfi rossoneri che  minaccia di porre fine alla singolar tenzone, non raccoglie, se non in qualche accenno di intesa, generali apprezzamenti. Scavando nel mio lontano passato, rivedo un canzoniere afro cubano un po’ triste, Don Marino Barreto Junior, dal nome lungo come una salita – direbbe Paolo Conte, ricordando le gesta di Gino Bartali – che canta “Angeli negri, la storia di un pittore di “madonne” a cui si rivolge un ragazzo di colore pregandolo di raffigurare almeno un angioletto negro tra i tanti che accompagnano la madre del Nazareno. Come uno spiritual dei ghetti neri della Louisiana in attesa del loro (Martin Luther King)  salvatore.

Siamo in presenza di fenomeni di razzismo che vanno combattuti con l’inflessibilità che si addice all’Italia dei “Delitti e delle pene” del grande Beccaria, l’illuminista che educò alla legalità e dettò le regole della convivenza comune. E perché non l’Italia di Altiero Spinelli, il profeta di una Patria italiana figlia della futura Unione europea dei liberi e uguali. Il Paese vive, per quanto mi riguarda, uno dei periodi più oscuri della storia repubblicana. Non tanto sul piano economico e sociale, che pure presenta problematicità latenti (alti tassi di disoccupazione, in particolare giovanile, oltre cinque milioni di poveri, a cui la Repubblica non ha saputo dare una speranza di riscatto,  centocinquantamila nuovi emigrati che lasciano il Paese ogni anno, avendo perso ogni speranza di realizzare le loro aspettative nella terra dei padri), quanto sul piano culturale, ovverosia: la perdita dei valori di solidarietà e partecipazione collettiva, la molla spirituale che proiettò l’Italia, riscattando il tricolore, oltre la vergogna del totalitarismo e della disfatta della guerra imperiale. Sappiamo bene che le vicende italiane del secondo dopoguerra presentano ancora zone d’ombra su cui la storia dovrà pronunciarsi: la strategia della tensione ideata da apparati deviati dello Stato, il terrorismo nero e poi rosso, che raggiunse il suo culmine con gli eccidi di Aldo Moro, lo statista delle istituzioni, e Guido Rossa, il sindacalista del movimento operaio, eppure, fu proprio in quei momenti  che si raggiunse il massimo di partecipazione popolare a difesa  delle istituzioni democratiche. Se, oggi, di fronte a fatti e avvenimenti che disonorano la nostra Patria, non assistiamo ad alcun moto di reazione e rivolta morale e i pochi che si indignano vengono derisi e indicati alle masse popolari come nemici dell’Italia, il significato è chiaro: una frattura delle coscienze, il rifiuto di una memoria storica collettiva, una nostalgia persino, del bel tempo antico, effetto del degrado e della perversa ignoranza della sua storia di cui è vittima il Paese.

Nel mentre, come se i problemi dell’Italia fossero questi, quarantasette disperati hanno atteso settimane, a pochi metri dalla costa siracusana, il permesso di sbarco dal battello che li ha raccolti per evitare il dramma: raggiungere i loro sciagurati confratelli nell’abisso del Mediterraneo.

L’Italia e l’Europa – anche se per i poveretti si sono aperti, nel frattempo, i porti del bel Paese – si sono coperte, e non sarà nemmeno l’ultima, di vergogna e disonore.

Penso al genio che ha illuminato tutti noi. Sbarcò in America nel periodo più buio della storia passata. Sul formulario che gli chiedeva di declinare la razza, scrisse una sola, semplice parola: umana! E lassù nel cielo, oltre il buio della notte, apparve una luce ad indicare il cammino di una nuova civiltà.

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