Gentile Sig. Francesco Giorno,
apprezzo il tono rispettoso della sua lettera ed è per questo che mi accingo ,brevemente, a risponderle. Non condivido, naturalmente, il contenuto che meriterebbe ben più di una breve riflessione legata allo spazio che il direttore del settimanale mi ha concesso. Non sono io a considerare plebe dieci milioni di cittadini. Lo sono i manipolatori alla Grillo per i quali le persone non sono altro che oggetti da usare per la conquista del potere. L’ultima provocazione di questi giorni vede il guru impegnato a distruggere i fondamenti unitari dell’Italia dal 1861 a oggi.
Lei, così afferma, proviene dalla scuola di Giorgio Almirante. Io potrei risponderle citando i tanti maestri della mia vita: Antonio Gramsci, Willy Brand, Martin Luther King, Giorgio Napolitano, Sandro Pertini, amico fraterno dello zio Lino, Enrico Berlinguer e tanti altri ancora. Non lo farò, anche se il desiderio di accostare le vicende della mia vita a quella di tanti eroici antifascisti immortalati dalle figure dei fratelli Cervi, è forte. Mi arresto di fronte alla loro immensa grandezza, tanto più grande dell’epopea pur nobile dei Farina, i maestri più vicini della mia gioventù. Ero dalla parte sbagliata? Per Lei non vi è alcun dubbio che ciò sia vero. Il padre, Ettore, fu il primo sindaco del villaggio natale, uno degli amministratori scelti dal Comitato di Liberazione Nazionale per reggere provvisoriamente il governo della cosa pubblica nel misero dopo guerra italiano. Lo zio Giacinto, il partigiano che, con tanti altri, liberò Sondrio dal giogo dello straniero. Lo zio Lino, combattente della guerra di Spagna, in seguito al confino, in Svizzera, e vice comandante delle brigate Garibaldi nell’alto Lario poi. Puniva i partigiani autori di sevizie ai prigionieri fascisti.
Un combattente dell’utopia della libertà e dell’amore tra i popoli della terra. Nella famiglia dei Farina, tutti un po’ strani, era visto come il più matto e con le idee alquanto strambe. A turno, alcuni di loro, sono stati, per lunghi anni, amministratori della cosa pubblica e uomini di sinistra impegnati. Lo zio Renzo, il più giovane dei fratelli, soldato internato a Mauthausen da cui ritornò umiliato, debilitato, sconfitto nell’anima e nel corpo. Dimenticavo un fratello di mia madre, Gino, scomparso in Russia nella, presumo, terribile ritirata del Don. Questa è la mia famiglia. E quella dei parenti. Il padre Ettore tentò, nel 51, la via dell’emigrazione in Australia. Tornò due anni più tardi con il corpo devastato dalle malarie dei canneti di zucchero del Queensland. Ho vissuto, sino a venticinque anni, in una casupola nemmeno provvista di acqua corrente, la cui unica bellezza erano i fiori del ghiaccio invernale sui vetri delle malferme finestre. Ho studiato grazie ai sacrifici dei genitori e tentato, senza successo, la via universitaria a Milano, preclusa dalla totale mancanza di sostegno vitale e finanziario.
Quelli erano i tempi. Sono poi emigrato in Francia, in seguito in Svizzera, poi in Africa, di nuovo in Svizzera e Francia. Ho contribuito a riscattare la mia famiglia dalla miseria permettendo a loro di vivere una vecchiaia decorosa. I Farina, iniziando dal nonno, contadino socialista, sono stati, per Lei, dalla parte sbagliata. Combattenti antifascisti e garibaldini, comunisti e amministratori poi, sempre schierati dalla parte dei poveri. Mia madre, un po’ meno romantica, affermava talvolta. Ho sposato i Farina (li citava assieme ), vogliono bene a tutti fuorché alla loro famiglia. Si può discutere liberamente, con mente aperta, di quelle terribili vicende che Lei cita. E nel comportamento degli uomini, il bene e il male non stanno mai da una parte sola. Non entrerò nelle vicende che vengono citate. Gli storici hanno già sufficientemente definito i fatti. Una cosa è, limpidamente, chiara. Centinaia di migliaia di uomini e donne scelsero la via della resistenza per riscattare il tricolore dalla vergogna della repubblica sociale di Mussolini asservita al giogo del mostro nazista. Questi sono i fatti e fu grazie ai combattenti delle brigate Garibaldi, Matteotti, dei berretti verdi e di tanti altri ancora, che l’Italia riconquistò l’onore di sedere tra i popoli e le nazioni libere. E fu grazie all’amnistia decretata dal ministro di grazia e giustizia ( Togliatti) del dopo guerra che migliaia di fascisti furono perdonati e reintegrati nella vita della giovane repubblica.
Sig. Francesco Giorno, forse è giunto il momento di guardare avanti lasciando alle spalle vicende su cui la storia ha scritto un punto d’arrivo. Io stesso, uomo di sinistra, ho visto crollare tante mie utopie e penso talvolta alla cattiveria degli uomini che hanno distrutto i sogni di noi ragazzi di un lontano passato. Fui io a commemorare Mirko Tremaglia al Consiglio degli italiani. A ricordare la sua vita, la distanza tra le nostre idee, il rispetto reciproco, la lotta comune per gli italiani nel mondo. Le idee e le ideologie, giuste o sbagliate, hanno diviso i popoli. I valori, i sentimenti, le passioni solidali, la solidarietà e l’amore, li hanno uniti alla ricerca di un futuro più giusto, migliore. Così è. È la storia della mia vita. Io sono orgoglioso di aver avuto parenti che hanno assolto al compito più importante: hanno vissuto e creduto, al di là del delle loro bandiere, per la liberta e la pari dignità di uomini e donne della nostra Italia. Mi hanno lasciato un buon nome. Buon lavoro anche a Lei, sig. Francesco Giorno, oltre ai più sinceri auguri alla nostra Patria.
1 commento
Onorevole illustrissimo, se lei crede che io non abbia gli attributi per rispondere alle sue menzogna fà un grosso errore. M a se realmente ha il coraggio di accettare il contradditorio, informi la dirigenza della pagina che mi diano lo spazio per farlo. La democrazia é fatta di confronti, se per lei va bene io sono pronto a sfidarla in pubblico e con moderatori di diverse estrazione politica. Faccia lei Onorevole, io non devo inventare niente, io leggo solo la storia. (Per quanto riguarda la sua famiglia, non mi permetterei minimamente di mettere in dubbio cio’ che lei dice, inoltre non sogno minimamente di intaccare la memoria di reputo oggi non ci sia piu’) Cordialmente onorevole.