Il Consiglio dei Ministri si è riunito nella prefettura di Reggio Calabria e ha approvato un piano di dieci punti per battere le cosche Intanto ecco i possibili candidati per le prossime elezioni regionali
La ricerca delle candidature alle regionali funziona a pieno ritmo, con polemiche nell’uno e nell’altro campo.
Prendiamo il caso della Puglia. In un primo tempo c’era stata lotta aspra nel centrosinistra perché il governatore uscente, Nichi Vendola, non si era fatto da parte per lasciare spazio al Piddino Boccia, scelto da D’Alema perché uomo capace di attirare i voti dell’Udc di Casini, in vista di un laboratorio di alleanza a livello nazionale.
Dopo le primarie e la vittoria schiacciante di Vendola, il centrosinistra si appresta a far quadrato attorno al suo candidato, anche se sicuramente la strada non sarà facile per lui in quanto l’unitarietà è solo di facciata. In ogni caso, la sua vittoria, allontanando l’alleanza con Casini, doveva spianare la strada al candidato del centrodestra, ma ecco che i problemi sono sorti proprio in quest’ultimo schieramento, dove i candidati sono due, Rocco Palese per il Pdl e Adriana Poli Bortone per una lista civica sostenuta dall’Udc.
Il tentativo di Berlusconi di ottenere dai due candidati un passo indietro per far posto ad un altro condiviso sia dal Pdl che dall’Udc, al momento, sembra essere miseramente fallito, per cui le chances di vittoria di Vendola tornano ad essere alte.
In Campania il candidato unico del Pdl, sostenuto dall’Udc, è Stefano Caldoro, mentre quello del Pd è Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno, il quale in un primo momento doveva andare alle primarie per vedersela con Riccardo Morone, sostenuto da Bassolino, poi, con la rinuncia di quest’ultimo, è diventato l’unico candidato senza le primarie.
Il fatto è che De Luca, che a Salerno gode fama di persona decisa, moderata e indipendente, al di là delle dichiarazioni ufficiali, non sarà votato da una parte dello stesso Pd in quanto avversario acerrimo del governatore uscente, ma non sarà votato nemmeno da Di Pietro e dalla sinistra comunista, almeno stando alle dichiarazioni finora diffuse, in quanto sarebbe iscritto nel registro degli indagati.
Messo il silenziatore alle polemiche sul candidato ufficiale del centrosinistra, Emma Bonino, che potrebbe avere serie difficoltà a bloccare la probabile vittoria della candidata del centrodestra, Renata Polverini, è scoppiato il caso di Bologna, dove il sindaco Delbono, dopo le prime dichiarazioni secondo cui mai si sarebbe dimesso in seguito alle accuse di aver pagato le vacanze alla sua ex fidanzata, ha gettato la spugna smentendo se stesso e aprendo di fatto la campagna per l’elezione del nuovo sindaco.
A dire la verità, in un primo momento le dimissioni sono state date ma poi congelate, salvo poi rimettere il mandato il giorno dopo. Anche se a Bologna è difficile per il centrodestra, il Pdl ci proverebbe con Giancarlo Mazzuca, ex direttore del Resto del Carlino, dirottato dalla Regione al Comune, ma le ultime notizie sono che il Pd potrebbe schierare Romano Prodi, il quale si lascerebbe convincere dall’accorato appello di tutto il centrosinistra.
Questo per quanto riguarda la politica alla vigilia della presentazione dei candidati e delle liste regionali. Tuttavia, la vera novità non sta tanto nella protesta di una buona parte dell’Anm, l’associazione sindacale dei magistrati, contro il governo, quanto nella riunione del Consiglio dei ministri a Reggio Calabria.
L’appuntamento nel capoluogo calabro era stato annunciato dal premier all’indomani dei fatti di Rosarno e della bomba fatta trovare non lontano dalla caserma dei carabinieri in occasione della visita del Presidente della Repubblica.
Il Consiglio dei Ministri nella prefettura di Reggio Calabria ha approvato un piano in dieci punti contro la mafia. Il primo punto riguarda l’istituzione di un’Agenzia che avrà il compito di censire e di gestire i beni confiscati alle mafie.
L’Agenzia avrà sede a Reggio Calabria e sarà approvata per decreto legge. Gli altri punti, che saranno oggetto di un disegno di legge per coinvolgere nella discussione tutto il Parlamento, sono: la raccolta in un testo unico di tutti gli interventi legislativi in materia di antimafia; il potenziamento della Dia e la creazione di un tavolo di interforze provinciali (in ogni provincia) per individuare i patrimoni da colpire; la competenza alla Direzione distrettuale antimafia sul reato di traffico illecito di rifiuti; il rafforzamento degli interventi a favore delle vittime del racket e dell’usura; la realizzazione di una mappa della criminalità organizzata attraverso un sistema informatico chiamato “Macro”; la promozione di una “stazione unica” per affidare gli appalti; la richiesta all’Europa di ottenere il riconoscimento dell’esecuzione dei sequestri di beni in tutti i Paesi dell’Ue; l’estensione delle operazioni sotto copertura per estorsione, usura e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; infine è previsto un piano straordinario contro il lavoro nero in Calabria, Campania, Puglia e Sicilia con 550 ispettori che controlleranno ventimila aziende.
La Confindustria, all’annuncio del piano del governo, ha lanciato un messaggio chiaro: saranno espulsi gli associati che non denunceranno i casi di estorsione all’associazione di categoria.
Su La Stampa di venerdì 29 gennaio Jena ha scritto: “Il dilemma dell’imprenditore meridionale: meglio pagare il pizzo ma essere espulso da Marcegaglia oppure non pagarlo ed essere ucciso dalla mafia?”. La sintesi pungente coglie nel segno, ma se le istituzioni ci saranno davvero, la sconfitta della mafia non è impossibile.