L’esodo di massa dei nuovi migranti
Migliaia sono accampati alla stazione di Budapest. Altre migliaia occupano le isole greche di fronte alle coste della Turchia. Al confine della repubblica Ceca – tremano dalla vergogna le tombe di Alexander Dubcek e Vaclav Havel, alfieri e precursori della libertà dei popoli – i migranti vengono marchiati con l’infamante numero di un oscuro passato.
Il mondo dei disperati che approda alle coste italiane, lo conosciamo.
Di quelli dispersi nel profondo del mediterraneo, passato l’attimo di commozione ipocrita alla notizia del naufragio, nessuno ne parla, nemmeno nei dibattiti serali delle reti pubbliche e private italiche, luoghi di cinismo, scuola dell’odio e della xenofobia, portatori di nuove e gravi sciagure collettive. Parlo, naturalmente, dell’esodo epocale dei disperati in fuga dalle guerre, dalle discriminazioni religiose e razziali e dalla millenaria povertà di cui sono afflitte tante terre dell’africa nera. Un po’ ovunque, all’interno dei singoli stati europei, sono in azione squallidi predicatori a cui pare sia giunta l’ora della gloria contro il destino cinico e baro a cui li aveva condannati la storia.
Soffiano sul fuoco. Incoraggiano le paure. Approfittano di ogni fatto, o crimine, in cui sono coinvolti degli emigranti, per scatenare folli istinti di vendetta. Non è forse ancora troppo tardi per agire, anticipando il sorgere di un sentimento collettivo di rifiuto e chiusura all’interno dei singoli confini nazionali.La premessa sta in una Europa che parli la voce dell’unità e agisca di conseguenza, nella consapevolezza delle nuove e più estese frontiere comuni. Capi di stato – nel caso, il primo ministro inglese, Cameron – che, al cospetto del dramma di Calais e degli Eurostar bloccati nel tunnel della Manica, reagiscono minacciando la denuncia del trattato di Schengen, pietra miliare della costruzione dell’ Unione europea, sono il più miserevole esempio di cinismo e miopia politica.
IL cinismo con cui lo stesso Cameron, l’allora presidente francese Sarkozy e l’amministrazione americana, organizzarono l’abbattimento del dittatore libico Gheddafi, consegnando il paese della sponda sud del mediterraneo alle bande criminali di cui pullula , oggi, la vecchia Jamaria libica. Un regime dittatoriale – quante sono le democrazie nel mondo?- ma laico e inflessibile, al pari della vicina Algeria, nel combattere e reprimere ogni forma di fondamentalismo islamico, attaccato per fini inconfessabili di egemonia sulle fonti di ricchezza energetica di cui è ricco quel paese e su cui, l’Italia, con l’Eni, operava con le sue più moderne tecnologie di estrazione attraverso accordi di cooperazione e sviluppo di lunga durata.
Lo stesso si può affermare per la Siria al centro dell’ attuale pantano medio orientale. L’Araba fenice delle primavere arabe ha tolto il velo, rivelando il suo vero volto, il mostro Jihadista fanatico e omicida che imperversa da Sirte a Mosul con i suoi piccoli e grandi califfati in cui regna il terrore e l’ azione omicida di massa. Non tutto è perduto, naturalmente, ed è ancora possibile arrestare un ancor più grave disfacimento.Il recente accordo per il controllo nucleare tra l’Iran e le grandi potenze , toglie quel grande paese dall’isolamento in cui si era rinchiuso da decenni e ne fa un protagonista della lotta al fondamentalismo dell’Isis. Così come un più diretto coinvolgimento della Turchia nei processi di consolidamento di un nuovo ordine medio orientale in cui sia possibile ipotizzare il riconoscimento delle storiche ambizioni delle popolazioni kurde impegnate, oggi, nella lotta alla jihad, può contribuire a creare una nuovo ordine anche in quelle terre. Non vi sarà pace se non attraverso un diretto coinvolgimento della Russia, che ha, in quelle regioni, concreti interessi da difendere. Il suo isolamento, come le sanzioni imposte dagli Stati Uniti e supinamente adottate dall’Unione europea, senza, per ciò, assolvere la Russia per quanto sta avvenendo nella vicina Ucraina, un atto di masochismo politico comunitario.
Mantenere la mente fredda di fronte agli avvenimenti è la dote degli statisti. La ripartizione delle quote di accoglienza dei migranti in Europa, un primo atto di saggezza e di governo delle migrazioni di massa. L’altro, sta nei processi di stabilizzazioni delle regioni in conflitto attraverso la collaborazione e l’intervento diretto delle grandi potenze e dell’Unione europea. Non vi è altra via. Oltre, un orribile caos senza speranza.