In un’intervista l’ambasciatore russo Dmitri Rogozin prevede il ritorno dei talebani dopo che la Nato avrà lasciato l’Afghanistan
Bagno di folla per Sarkozy e per Cameron a Tripoli. I “Merci Sarkozy” e i “Thank you Britain” si sprecavano, con l’uno che faceva eco all’altro nell’esaltazione della libertà conquistata. Ha detto, infatti, il presidente francese: “Muammar Gheddafi rappresenta ancora un pericolo. Occorre terminare in fretta il lavoro cominciato. La Nato continua il suo impegno accanto alle truppe della rivoluzione per giungere alla sua cattura”. E Cameron ha rincalzato: “È stupendo essere liberi in Libia. Gheddafi aveva minacciato che vi avrebbe dato la caccia e debellato come topi. Ma voi avete dimostrato di avere coraggio da leoni”.I due visitatori hanno promesso di sbloccare presto i fondi all’estero riconducibili alla Libia e si sono impegnati nella ricostruzione. Intanto di Gheddafi non si sente più parlare. C’è chi dice che sia fuggito all’estero o che si trovi nell’oasi di Sabha protetta dal suo clan; c’è chi dice che si trovi a Sirte, la sua città natale, e che si stia preparando alla battaglia finale. Là, infatti, si stanno dirigendo le forze degli insorti che ormai hanno conquistato la Libia e che hanno decretato la caduta del regime del Colonnello. Resta da vedere fin dove la Nato voglia arrivare, se oltrepassare i confini assegnati dall’Onu (il 21 settembre) o se continuare fino alla fine di Gheddafi. Lo vedremo la settimana prossima, quando il limite sarà oltrepassato.Intanto, è da registrare un’intervista apparsa sul Corriere della Sera del 16 settembre. L’intervistato è Dmitri Rogozin, ambasciatore russo presso la Nato, che mette in guardia la Nato stessa e l’Occidente dal partecipare alla guerra civile.
“Noi”, dice l’ambasciatore russo che ha incontrato Napolitano e Berlusconi a Roma e che ha chiesto loro di non assecondare una difesa antimissile americana che tagli fuori la Russia, “non avevamo illusioni su Gheddafi quando piantò la sua tenda al Cremlino. Però anche da voi la piantò, poi è stato definito un ragazzo cattivo. Noi sapevamo già che lo era. L’Occidente deve scegliere che cosa vuole in Nord Africa e Medio Oriente. Si cominciò in Iraq con Saddam Hussein. Poi si è passati all’egiziano Hosni Mubarack: da amico degli Usa è diventato un tiranno. Sì, lo era, ed anche Gheddafi era un tiranno. Ma ora chi sarà la forza motrice dell’Egitto?” La risposta di Rogozin è lapidaria: “I Fratelli musulmani”. Il pensiero dell’ambasciatore si precisa meglio nel passaggio seguente, quando dice: “È una questione che all’Occidente prima o poi toccherà risolvere: che cosa volete in Africa del Nord o in Medio Oriente? Ci sono due varianti: o i tiranni o Al Qaeda. Se a voi non piacciono i tiranni, otterrete Al Qaeda”. Se per l’ambasciatore non c’è alternativa a queste due prospettive, per l’Occidente, evidentemente, l’alternativa c’è, ed è la democrazia. La parola più declamata in Libia è proprio “democrazia”, con la sua variante “libertà”. Lo era anche in Egitto, all’inizio della “primavera araba”, ma ora la piazza si è riempita di facinorosi che marciano contro l’ambasciata di Israele e attizzano il fuoco dell’intolleranza. L’Egitto sta diventando un po’ il crocevia dei Paesi mediorientali che si riorganizzano in funzione dell’islamismo, che si spera sempre moderato ma che è facile preda delle frange, numerosissime,++ più estreme. Insomma, l’Egitto si sta sommando all’Iran, al Libano, ai Palestinesi di Hamas e alle miriadi di organizzazioni che della lotta contro Israele hanno fatto la loro ragione di esistenza e che non promettono nulla di buono per il futuro. La conclusione dell’ambasciatore russo presso la Nato sembra già scritta: “Nel 1979 noi russi mandammo in Afghanistan un contingente limitato e per poco tempo. Pareva potesse stabilizzare il Paese. Poi ci siamo trovati nell’occhio: non ci siamo accorti che eravamo intervenuti in una guerra civile”.
Qui, l’ambasciatore allude ad una tortura medievale, quando si rompeva un uovo su un occhio del prigioniero e ci si metteva un ragno sopra. L’animale mangiava l’uovo e non si accorgeva di quando entrava nell’occhio. Aggiunge l’ambasciatore: “Appena la Nato lo lascerà, l’Afghanistan tornerà come prima, e quelli avranno le barbe ancora più lunghe. Ma l’Afghanistan è lontano da voi, il problema lo lascerete a noi. In Libia sarà vostro. Se non volete partecipare a una guerra civile, non rifate il ragno”.