Secondo un recente studio il patrimonio genetico degli italiani è uno dei più eterogenei al mondo
Il patrimonio genetico degli italiani è uno dei più eterogenei e ricchi, grazie anche alle “contaminazioni” subite nel corso dei secoli e alle diverse condizioni ambientali della penisola. Migrazioni e geografia avrebbero dunque contribuito nel corso dei secoli a creare una ricchezza genetica del tutto singolare, stando a quanto sostiene lo studio condotto presso il Laboratorio di Antropologia Molecolare e il Centro di Biologia Genomica dell’Università di Bologna, che ha visto impegnati numerosi ricercatori fra cui Marco Sazzini, Guido Alberto Gnecchi Ruscone, Cristina Giuliani, Davide Pettener e Donata Luiselli, in collaborazione con l’IRCCS Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia. Il team ha analizzato il codice genetico di 800 persone provenienti da 20 province italiane per indagare le peculiarità racchiuse nel loro DNA, descrivendo i pattern di variabilità di più di 500.000 varianti genetiche distribuite lungo il loro genoma.
I risultati della ricerca coordinata da Sazzini sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista “Scientific Reports” di Nature. “Lo studio – ha spiegato Sazzini – ha evidenziato l’elevata eterogeneità del patrimonio genetico delle popolazioni distribuite lungo la penisola. Inoltre, sebbene i profili genetici osservati varino progressivamente seguendo un gradiente nord-sud, è stato possibile individuare gruppi omogenei di province riconducibili rispettivamente alla Sardegna, all’Italia settentrionale e a quella meridionale, al cui interno gli abitanti sono molto simili tra di loro dal punto di vista genetico ma si differenziano rispetto a quelli degli altri gruppi”.
I ricercatori ipotizzano che le ragioni di tale ricchezza genetica siano riconducibili al ruolo chiave dell’Italia come crocevia delle migrazioni umane, durante le quali i patrimoni genetici dei rispettivi gruppi hanno avuto la possibilità di mescolarsi, dando vita a combinazioni specifiche nelle diverse aree geografiche della penisola. In particolare, “fino alla fine dell’Età del Bronzo e all’inizio dell’espansione dell’Impero Romano – aggiungono i ricercatori bolognesi – le popolazioni dell’Italia settentrionale hanno scambiato i propri geni con gruppi arrivati dall’Europa centro-orientale, mentre gli abitanti dell’Italia centrale e dell’Italia meridionale hanno ereditato componenti genetiche tipiche di Medio Oriente e Nord Africa”. La storia genetica degli italiani, però, non è stata influenzata solamente dalle migrazioni. I ricercatori, infatti, hanno anche indagato i meccanismi evolutivi e di adattamento all’ambiente delle popolazioni d’Italia, scoprendo che tali processi potrebbero aver contribuito ad una loro diversa suscettibilità a determinate malattie.
A causa di inverni particolarmente rigidi, le popolazioni dell’Europa centro-settentrionale hanno adottato diete alimentari a elevato contenuto calorico e di grassi: ciò avrebbe favorito la diffusione di varianti genetiche funzionali al metabolismo dei lipidi come trigliceridi e colesterolo, rendendo le cellule meno sensibili all’insulina e riducendo così il rischio per malattie cardiovascolari e diabete. Prive di queste pressioni ambientali, invece, le popolazioni dell’Italia centro-meridionale avrebbero mantenuto nel proprio corredo genetico le varianti di suscettibilità a queste malattie, varianti risultate deleterie solo di recente, presumibilmente a partire dalla metà del secolo scorso, quando la dieta e lo stile di vita di queste popolazioni hanno iniziato a cambiare notevolmente”.
Oltre al clima e alla dieta c’è poi un altro fattore che ha indirizzato gli adattamenti genetici degli italiani, soprattutto in Sardegna e nell’Italia centro-meridionale: le malattie infettive. In Sardegna, ad esempio, la malaria sembra aver rappresentato una delle principali pressioni ambientali, mentre nell’Italia del Sud la selezione naturale ha potenziato le risposte infiammatorie contro i batteri responsabili di tubercolosi e lebbra.
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