Il Corano bruciato e l’uccisione di intere famiglie da parte del soldato folle sono solo due di una serie di gravi episodi che rivelano un clima di sospetti e di odio tra la popolazione locale e gli alleati
Dopo l’approvazione da parte degli Ulema del codice di condotta, secondo il quale uno dei tanti punti dice che ”l’uomo è fondamentale e la donna secondaria”, ci eravamo chiesti se dopo tanti anni di guerra inconcludente, con una Costituzione dove domina la Sharia, con una corruzione alle stelle e tanta povertà, vale la pena che gli alleati restino in Afghanistan. La domanda, avevamo sottolineato, era retorica visto che il clima generale tra popolazione locale e forze dell’Onu peggiora di giorno in giorno, come si può constatare da fatti passati incresciosi e da fatti recenti, non meno drammatici. I fatti passati non riguardano soltanto i vari casi di soldati afghani che, approfittando del loro ruolo di commilitoni, hanno ammazzato i soldati alleati, al punto che Sarkozy disse che non valeva la pena di morire per difendere gente che poi ti ammazza; riguardano anche i casi di soldati americani che o per una folle arroganza (l’incendio del Corano o lo scempio di chi faceva la pipì sui cadaveri dei talebani ucisi) o per una follia criminale tout court (gli spari di un soldato americano che recentemente ha trucidato intere famiglie), hanno contribuito ad aggravare il clima di odio contro gli stranieri, malgrado questi siano andati lì per farli vivere in pace e con la speranza di un futuro. All’indomani del Corano bruciato, il clima si era deteriorato proprio perché l’episodio aveva a che vedere con la religione, quindi ingigantito, generalizzato e drammatizzato da questo aspetto che concerne la tradizione di tutto il popolo. Anche il fatto di aver urinato sui cadaveri degli avversari-nemici uccisi e di aver ripreso la scena con un telefonino, accompagnando le riprese con una serie di parole offensive, avendo a che fare con la morte, quindi con un avvenimento sacrale in sé, ha suscitato ondate di proteste, al punto che Karzai, interpretando il sentire popolare, disse che se gli americani se ne andavano prima della scadenza fissata del 2014, per lui non sarebbe stato un problema. Ecco, essere giudicati inutili anche da chi dovrebbe ringraziarti per essere andato in soccorso di un intero Paese e a lasciarci centinaia di morti, non deve essere una bella impressione.
Ora, appunto, con il folle gesto del soldato che spara all’impazzata su bambini e genitori afghani, uccidendone 18, il clima si è ulteriormente acuito. Si capisce come i talebani stiano giocando con il vento in poppa. Hanno bloccato le trattative con gli americani che in fondo stanno cercando di raggiungere un livello pur minimo di pacificazione nazionale, se non altro per favorire il rientro delle truppe degli alleati, e si sono associati alla condanna non solo del soldato ma di tutte le truppe straniere, con ciò facendo breccia nei cuori dei cittadini che per diversi motivi ce l’hanno con gli stranieri. Non sappiamo se il camion che stava bruciando e che si trovava sulla rampa vicino alla base aerea di Camp Bastion sia stato un attentato fallito o semplicemente un incidente che nulla aveva a che fare con Leon Panetta, capo del Pentagono, che stava atterrando alla base per una visita in Afghanistan proprio per tappare le falle aperte dal soldato assassino. Pensiamo che l’atterraggio dell’aereo che portava Leon Panetta e l’episodio del camion che era in fiamme siano due fatti completamente separati. Possiamo sbagliarci, anzi, sicuramente ci sbagliamo, ma quello che ci preoccupa è ciò che è stato detto in occasione degli incontri pubblici, svoltisi in un clima surreale tra un Karzai che non è riuscito a cambiare in meglio il suo Paese dopo vari anni di potere e che ora fa la faccia dura per ingraziarsi la parte della popolazione a lui avversa e un Leon Panetta che continua a ribadire che gli alleati resteranno fino alla fine del 2014, ”come previsto”, sapendo bene che sono solo parole di circostanza. La realtà è che -. e l’abbiamo già detto – la guerra non è stata vinta, anzi, l’hanno vinta i talebani, e per di più gli alleati non possono nemmeno vantare un qualche risultato formale, magari temporaneo, come quello raggiunto in Iraq, dove almeno si sono svolte due elezioni in maniera democratica, per la prima volta, forse, nella storia di quel Paese. Restare ancora in Afghanistan significa solo spendere (inutilmente) un sacco di soldi, mettere a rischio la vita di tanti altri soldati, bersaglio di vendette e di attentati, e non avere nessuna speranza che le cose vadano meglio, anzi, avendo forse la certezza che possano andare peggio. Ovviamente, la decisione di un ritiro più ravvicinato non ci sarà, ma non perché sia sbagliato, semplicemente perché, pur sapendo di aver perso, gli alleati non vogliono sentirselo dire e si nascondono dietro la scadenza concordata per poter dire che avranno rispettato le scadenze fissate. Cioè per non ammettere che hanno perso, che tutta la missione è stata fallimentare.