“Il veterinario” è un ex delfino di Brusca
CALATAFIMI SEGESTA (TRAPANI) – Dopo tredici anni di latitanza il boss mafioso Domenico Raccuglia, 45 anni, é stato arrestato nel pomeriggio, dopo un’indagine all’antica, con pedinamenti e intercettazioni, dai poliziotti della sezione catturandi della squadra mobile palermitana. Dal ’96 era ricercato per mafia, omicidi, estorsioni, rapine, e poi per le varie condanne che andava collezionando: tre ergastoli tra cui quello per l’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, e altre decine di anni di carcere. Dopo di lui sono stati fermati per favoreggiamento i coniugi proprietari dell’abitazione dove si nascondeva: Benedetto Calamusa, 44 anni, e la moglie Antonia Soresi, di 38, entrambi senza precedenti penali.
I poliziotti indagano per scoprire quali fossero i rapporti tra il mafioso e i due coniugi. Mimmo Raccuglia, il “veterinario” di Cosa nostra ha tentato di fuggire attraverso un terrazzo del covo in via Cabasino a Calatafimi Segesta, comune trapanese ricco di storia e noto per la battaglia vittoriosa dei Mille di Garibaldi sull’esercito borbonico, ma non ce l’ha fatta. Ha anche gettato da una finestra dell’appartamento al quarto piano un sacco con pizzini, due pistole e documenti, che è stato raccolto dai poliziotti. Il materiale per gli inquirenti è “molto importante”. L’operazione era stata ben congegnata. Il blitz è scattato dopo che il mafioso ha acceso la televisione: segno che era in casa. L’edificio era circondato e i poliziotti non potevano farsi sfuggire un’occasione così ghiotta: ammanettare quello che lo stesso ministro dell’Interno Roberto Maroni definisce “il numero due di Cosa nostra”. “L’arresto di Raccuglia è uno dei colpi più duri – dice Maroni – inferti alle organizzazioni mafiose negli ultimi anni”. Il responsabile del Viminale ha telefonato al Capo della Polizia, il prefetto Antonio Manganelli, per congratularsi dell’operazione. Ma al di là delle classifiche, che nella mafia spesso cambiano velocemente, è certo che Raccuglia era, insieme a Matteo Messina Denaro e a Giovanni Nicchi, uno dei mafiosi più ricercati d’Italia. Al momento dell’irruzione degli agenti nel suo covo era solo. Ammanettato, Raccuglia è stato fatto salire su una delle auto della “catturandi” che è poi partita col corteo delle altre macchine della polizia verso la questura di Palermo. Qui i poliziotti sono stati accolti dai ragazzi di Addiopizzo festanti e dalle finestre degli uffici della Mobile, col passamontagna sul volto, gli agenti hanno ringraziato salutando con la mano col segno di vittoria. Uomo vicino al clan Brusca di San Giuseppe Jato, Raccuglia, originario di Altofonte (Pa), ha scalato in vent’anni i vertici di Cosa nostra soprattutto per la sua ferocia nonostante il soprannome di “veterinario” dovuto, a quanto pare, alla sua passione per gli animali, gatti e cavalli soprattutto. E’ considerato il boss che controlla il territorio che unisce la provincia di Palermo con quella di Trapani.
Al suo nome sono legati gli omicidi interni a Cosa nostra nella provincia di Palermo, soprattutto a Partinico, degli ultimi anni, nei quali sono caduti uomini considerati vicini all’ex latitante o suoi nemici. Ricercatissimo da polizia e carabinieri che seguivano anche i suoi familiari (un fratello, Salvatore, è stato condannato per mafia) Raccuglia era finora riuscito a sfuggire alla cattura nonostante, ad esempio, i magistrati sapessero che da oltre dieci anni, agli inizi di giugno, in genere tre giorni dopo la chiusura delle scuole, la moglie partisse da Altofonte per andare a trascorrere le vacanze estive col marito latitante. Il sostituto procuratore palermitano Francesco Del Bene che col pm Roberta Buzzolani ha coordinato le indagini sull’arresto del latitante, parla di “un grandissimo risultato conseguito in un periodo difficile. La polizia lavora con pochi uomini e poche risorse. Ciò accresce ulteriormente il valore di un’indagine svolta esclusivamente con metodi tradizionali: pedinamenti, videoriprese e intercettazioni”. Francesco Gratteri, direttore della direzione anticrimine centrale (Dac) della polizia di Stato dice: “Con l’arresto di Raccuglia è stata decapitata l’ala corleonese di Cosa nostra”. Al capo della polizia sono giunte le congratulazioni di numerosi esponenti politici, tra cui i presidenti di Camera e Senato, Fini e Schifani e il ministro della Giustizia Angelino Alfano.