L’organizzazione suprema degli insegnanti in Svizzera respinge l’iniziativa sulla pedofilia
A meno di un mese dalle votazioni del 18 maggio anche l’organizzazione suprema degli insegnanti in Svizzera (LCH) si è interposta per quanto riguarda l’iniziativa “Affinché i pedofili non lavorino più con i fanciulli”, richiamando gli svizzeri a non farsi guidare solo dalle emozioni.
Se uno studente 18enne del ginnasio ha un contatto sessuale consenziente con una studentessa di 15 anni, in caso di una denuncia diventerebbe il soggetto attivo di un reato che danneggia l’incolumità sessuale di un bambino. Già baciarsi, petting il mostrare una sequenza pornografica su un cellulare possono valere come un delitto sessuale, se una delle persone partecipanti ha meno di sedici anni. Il “colpevole” rischia un divieto a vita di esercitare un’attività professionale a contatto con minorenni o persone dipendenti. Questo sarebbe completamente sproporzionato scrive l’organizzazione in un comunicato, perché un caso di questo genere non avrebbe niente a che fare con la pedofilia. Starebbe agli insegnanti proteggere i giovani alunni di questi amori di gioventù e le conseguenze drastiche, quindi, dovrebbero intervenire nelle relazioni personali che possono consumarsi anche sul cortile della scuola. Una sorveglianza totale non sarebbe in nessun caso fattibile o desiderato, continua il comunicato.
L’organizzazione respinge quindi l’iniziativa popolare “Affinché i pedofili non lavorino più con i fanciulli” che chiede il divieto a vita automatico di esercitare un’attività professionale a contatto con minorenni o persone dipendenti, dicendo che già dal 1999 l’organizzazione toglierebbe il diploma di insegnante se ci sono stati casi di abuso o violenza, inoltre questi pedocriminali sarebbero segnalati su una lista nera. L’iniziativa a questo punto non sarebbe una sicurezza in più, l’organizzazione però trova che le misure rilasciate dal parlamento due settimane fa, siano la miglior soluzione. Si tratta della legge che entrerà in vigore in ogni caso il 1° gennaio 2015 (La Pagina del 16 aprile 2014).
La maggior parte dei casi di abusi pedosessuali succedono negli ambienti della famiglia, dei vicini, della chiesa o durante le attività sportive, volontarie e non nelle scuole pubbliche, sostiene il LCH. Però gli insegnanti possono dare un contributo importante durante le lezioni spiegando ai bambini e agli adolescenti come ci si può proteggere da questi soprusi anche fuori dalla scuola. Ne fa parte l’educazione sessuale adatta all’età che inizia già all’asilo insegnando ai bambini che il proprio corpo appartiene solo a loro e nessun altro.
Il LCH fa inoltre riferimento all’iniziativa «Protezione dalla sessualizzazione nella scuola dell’infanzia e nella scuola elementare» che vuole vietare proprio questa educazione sessuale. Il comitato di quest’ultima iniziativa di cui gran parte dei membri sostiene anche l’iniziativa sulla pedocriminalità, va contro l’intenzione dell’Ufficio federale della sanità pubblica ad introdurre in tutta la Svizzera l’insegnamento sessuale obbligatorio a cominciare dalla scuola dell’infanzia. L’iniziativa sostiene che prima del nono anno d’età non ci dev’essere nessun insegnamento in materia di sessualità argomentando che i bambini devono vivere la loro infanzia e che l’educazione sessuale è di competenza dei genitori. L’iniziativa è stata lanciata dopo il furore nel Cantone di Basilea-Città che avevano creato i cosiddetti “sexbox”.
1 commento
Ottimo articolo, Sara!