2013 anno nero per il lavoro. Preoccupano giovani e costruzioni
Nonostante “un lieve miglioramento nel 2013”, la povertà rappresenta una “condizione strutturale” in Italia dove, nel 2012, si è registrato un rischio di persistere in tale stato “tra i più alti d’Europa”. Una situazione fortemente negativa, “cinque volte più elevata” nel sud, e “tre volte più elevata” tra gli under 35. E che spinge inevitabilmente le famiglie a ridurre i consumi laddove – anche se sempre più determinate per la sopravvivenza – diminuisce la spesa dei Comuni per la povertà e il disagio. È la fotografia scattata dall’Istat nel suo Rapporto annuale 2014 pubblicato qualche giorno fa. In Italia – rileva l’Istituto di statistica – il rischio di persistenza in povertà, ovvero la condizione di povertà nell’anno corrente e in almeno due degli anni precedenti, è nel 2012 tra i più alti d’Europa (13,1 contro 9,7%). Si tratta di una “condizione strutturale”: le famiglie maggiormente esposte continuano ad essere quelle residenti nel Mezzogiorno, quelle che vivono in affitto, con figli minori, con disoccupati o in cui il principale percettore di reddito ha un basso livello professionale e di istruzione. L’indicatore di povertà assoluta, stabile fino al 2011, sale di ben 2,3 punti percentuali nel 2012, attestandosi all’8% delle famiglie. La grave deprivazione, dopo l’aumento registrato fra il 2010 e il 2012 (dal 6,9% al 14,5% delle famiglie) registra un lieve miglioramento nel 2013, scendendo al 12,5%.
Nel 2013 l’occupazione è diminuita di 478 mila unità (-2,1% rispetto al 2012), è il calo più elevato dall’inizio della crisi. Contemporaneamente, il tasso di disoccupazione ha continuato a crescere, dal 10,7% del 2012 al 12,2%. Lo rileva il rapporto annuale 2014 dell’Istat. Nell’industria in senso stretto, l’occupazione si è contratta in misura marcata (89 mila occupati in meno, -1,7%). L’utilizzo della Cassa integrazione guadagni nel settore (da 71 a 64,6 ore effettivamente utilizzate per mille ore lavorate) ha contributo a un lieve recupero delle ore effettivamente lavorate per dipendente (+0,2% l’indicatore per le imprese con almeno dieci dipendenti). Le costruzioni hanno registrato il calo maggiore: l’occupazione si è ridotta di 162 mila individui (-9,3%, -9% in termini di input di lavoro). Nei servizi, la riduzione degli occupati è stata pari a 191 mila unità (-1,2%). La diminuzione dell’occupazione ha riguardato in particolare i contratti a termine (-6,1%). Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è cresciuto fortemente nell’anno (+4,5 punti percentuali, toccando il 40%) e l’incidenza della disoccupazione di lunga durata (la quota di disoccupati in cerca di lavoro da più di un anno) è salita al 56,4%. In marzo, si sono osservati i primi segnali di ripresa dell’occupazione (+0,3%), circa 73 mila occupati in più rispetto a febbraio (dati destagionalizzati). Il tasso di disoccupazione si è stabilizzato nei primi tre mesi dell’anno attorno a quota 12,7% (ultimo dato destagionalizzato relativo a marzo). Le prospettive occupazionali sono in miglioramento per la manifattura, e in linea con la media di lungo periodo, mentre permangono sotto questa soglia nelle costruzioni e, in misura più significativa, nel settore dei servizi.
Fonte: Istat