La sentenza con cui, all’unanimità martedì scorso a Strasbugo, i giudici della Corte europea per i diritti dell’uomo hanno stabilito che, durante il G8 di Genova nel 2001, l’Italia violò il divieto di infliggere torture e trattamenti inumani, durante l’irruzione della polizia alla scuola Diaz nella notte tra il 21 e il 22 luglio, è innanzitutto un monito allo Stato a tenere sotto controllo le proprie forze dell’ordine e una condanna senza appello del comportamento della polizia italiana in quell’occasione. La violazione riguarda l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (“Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”). Ma la sentenza rileva anche un problema “strutturale”, giudicando la legislazione penale italiana “inadeguata nei riguardi dell’esigenza di sanzionare gli atti di tortura e priva di effetti dissuasivi per prevenire efficacemente il loro reiterarsi”. La Corte nota, in particolare, che “la mancata individuazione degli autori materiali dei maltrattamenti deriva in parte dalle difficoltà obiettive della Procura a procedere a delle identificazioni certe, ma anche alla mancanza di cooperazione da parte della polizia”. La Corte era stata investita del caso a seguito del ricorso di un cittadino italiano, Arnaldo Cestaro, che aveva 63 anni all’epoca dei fatti, e che ora dovrà essere risarcito con 45.000 euro per danni morali, oltre al risarcimento di 35.000 euro già deciso dalla magistratura italiana. Al momento dell’irruzione della polizia alla Diaz, Cestaro si era seduto contro il muro a braccia alzate, ma era stato colpito ripetutamente con calci e manganellate dagli agenti, riportando diverse fratture e conseguenze permanenti al braccio destro e alla gamba destra.
Nella sentenza si sottolinea quanto aveva già appurato la Corte di Cassazione italiana, e cioè che le violenze alla Diaz sono state perpetrate “a scopo punitivo, di rappresaglia, mirante a provocare l’umiliazione e la sofferenza fisica e morale delle vittime”. Una constatazione, ricordano i giudici di Strasburgo, che qualifica pienamente quelle violenze come “tortura” ai sensi dell’articolo 1 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti. La Corte europea dei Diritti dell’uomo nota anche “l’assenza di qualunque legame di causalità fra la condotta del signor Cestaro e l’utilizzazione della forza da parte degli agenti di polizia al momento del loro intervento. I maltrattamenti sono stati dunque inflitti in modo del tutto gratuito”, concludono i giudici di Strasburgo. “È un ottima notizia. Un atto dovuto che fa giustizia dopo tutto ciò che è accaduto nella scuola Diaz a Genova nel luglio del 2001” commenta all’Adnkronos Riccardo Noury, portavoce della sezione italiana di Amnesty International. “Auspico, a questo punto, che il governo italiano dia seguito a questa sentenza – continua Noury – e colmi la mancanza del reato di tortura nella legislazione italiana. Prima o poi ci dovrà essere un organo di giustizia italiano che pronuncerà quella parola: tortura”. “Se l’introduzione del reato di tortura sarà possibile solo attraverso compromessi, allora si accetteranno anche i compromessi”, aggiunge Noury, sottolineando: “Spero che questa decisione della Corte Europea per i diritti umani dia una spinta e porti presto all’approvazione di una norma chiara, in modo che non ci possano essere interpretazioni ambigue da parte di nessuno. Mi piacerebbe che questa fosse, veramente, la volta buona”.