Alfano si è espresso sulla situazione italiana nella lotta contro l’Is
“La minaccia dell’Is è globale ed il suo principale obiettivo è l’Occidente. L’Italia è la culla della cristianità, e Roma è spesso evocata nei messaggi Al-Bagdhadi ai suoi seguaci. La nostra capitale è richiamata con valore simbolico. Non si può minimizzare il senso di questa minaccia concreta”. Lo ha detto il ministro degli Interni, Angelino Alfano, riferendo alla Camera la minaccia del terrorismo internazionale. “Altri elementi di rischio – ha proseguito Alfano – sono dati dal fatto che l’Italia non ha mai fatto mancare il suo appoggio nelle iniziative militari internazionali contro il terrorismo. Gli indicatori che ho citato richiamano alla massima attenzione verso ogni segnale premonitore di rischio anche nei confronti degli interessi italiani all’estero”. In un’intervista alla “Stampa” il sottosegretario Marco Minniti, Autorità delegata per la Sicurezza della Repubblica ha commentato la minaccia terroristica dicendo che “Siamo di fronte alla minaccia terroristica più seria dall’attacco dell’11 settembre, una minaccia che ci accompagnerà per anni – e continua – Abbiamo costruito un’alleanza per neutralizzare la potenza militare dell’Isis, con gli strumenti propri della guerra ‘simmetrica’, ma servirà di più perché l’Isis utilizza anche tecniche di guerra asimmetrica”. “Abbiamo a che fare con una organizzazione molto sofisticata – ribadisce il sottosegretario con delega all’Intelligence – l’Isis dispone di territori, controlla pezzi di economia e parte del mercato del petrolio che vende di contrabbando a Paesi stranieri. Quando i miliziani hanno occupato Mosul, hanno preso da una sola banca 400 milioni di dollari in contanti. Gestisce modernissime attività di propaganda, ricorrendo a professionalità ‘molto occidentali’. Eppure – assicura Minniti – tutto questo non ci ha colti di sorpresa”. “Eravamo consapevoli – spiega ancora Minniti – di ciò che stava covando sotto le ceneri. E non ci sorprende nemmeno la minaccia costituita dai ‘foreign fighters’, i combattenti stranieri, e del ruolo non marginale che avevano assunto dentro l’organizzazione”.
Sono i jihadisti della porta accanto, e possono colpire. Molti di loro sono andati a combattere sotto la bandiera dell’Is, in Siria e Iraq o ingrossano le fila dei gruppi terroristici e delle milizie in conflitti non convenzionali. “Il rischio ‘foreign fighters’ è concreto anche in Italia”, mette in guardia Andrea Margelletti, presidente del CeSi (Centro Studi Internazionali), che all’Adnkronos spiega: “Mentre disegniamo giotteschi buchi nel terreno, frutto di armi intelligenti più che della strategia che le utilizza, c’è il pericolo che cittadini europei o statunitensi addestrati alla morte in Siria e Iraq, possano tornare nelle proprie nazioni attraversando le maglie della nostra presunzione e, potenzialmente, provare a mettere a segno attentati nel cuore dell’Occidente”. “Combattono con l’esercito nero – sottolinea l’esperto di strategia militare – ma non sono organici allo Stato islamico. È questa la minaccia che può far davvero male all’Europa”. “La campagna militare contro l’Is – rimarca Margelletti – potrà essere tanto efficace quanto saranno mirati e strategici gli interventi dell’intelligence dei paesi occidentali”, ma “occorre riconquistare anche le tribù sunnite della provincia di Al Anbar, che in passato avevano combattuto contro Al Qaeda. I miliziani di queste tribù rappresentano infatti l’ossatura del cosiddetto esercito di Abu Bakr al Baghdadi”, l’autoproclamato ‘Califfo’ dello Stato islamico.