Jack Kerouac. Un nome, un periodo della nostra storia. Una rivoluzione che ancora oggi influenza la nostra arte, il nostro pensiero e la nostra cultura. Il tutto si riassume in due parole: beat generation, e il suo esplosivo messaggio contro le convenzioni. Iniziata negli anni Cinquanta del secolo scorso, la beat generation rappresentava la contro-corrente di una società ancora appiattita sui valori dell’immediato secondo dopoguerra. Da un lato: la borghesia ricostruiva il tessuto economico devastato dal conflitto. All’opposto, e grazie al ritrovato benessere: i giovani beat volevano tornare a sognare. E a trasgredire. Opponendosi ai canoni della morale di allora. Contro tutti. Contro tutto. Rifiutando l’ordine costituito ed il culto borghese del materialismo; abbracciando le religioni orientali; sconvolgendo le forme espressive dell’arte tradizionale; abbandonandosi all’uso di sostanze stupefacenti e al libero amore, anche alternativo; riproducendo la condizione umana nelle sue forme piu’ degradate e brutali. Dopo solo dieci anni, nel Sessantotto, queste ipotesi di pensiero si tradurranno in precise scelte politiche e fenomeni di vita: pacifismo ad oltranza; anti-militarismo, con una storica opposizione al conflitto vietnamita; le visioni utopiche del movimento hippy; le contestazioni universitarie nelle università americane e francesi; i concerti musicali come occasione per oceanici e disinibiti raduni giovanili: ricordate l’ isola di Wright, o Woodstock ? Quanto di tutto questo appartiene ai sogni del nostro passato, e quanto invece ancora segna la realtà del nostro presente ? La risposta a questo interrogativo è forse la piu’ autentica e personale chiave di lettura con cui visitare la mostra “KEROUAC. BEAT PAINTING” sino a fine mese al Museo d’arte di Gallarate, in provincia di Varese, aperta grazie alla collaborazione tra Fondazione Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde-CARIPLO e la Galleria d’arte Rivellino con sede a Locarno presso la Fortezza costruita nel 1507 da Leonardo da Vinci. Ottanta opere tra dipinti e disegni, solitamente esposti tra il Whitney Museum of American Art di New York, il Centre Pompidou di Parigi e lo Zentrum für Künst und medien-ZKM di Karlsruhe, sono invece presentati per la prima volta in Italia, e riassumono la attualissima e tormentata vena multi-mediale dell’arte di Jack Kerouac. Facendocelo scoprire capace di esprimersi anche con musica, canto, poesia. Addirittura il cinema. Oltre che richiamare costantemente la sua opera letteraria piu’ famosa: “Sulla strada”, diario di un viaggio senza meta nelle inquietudini della America piu’ profonda. A ricordare la contemporaneità di questo maestro beat, la mostra su Jack Kerouac termina forse non per caso con una conferenza di Micol Forti, direttrice della Collezione di Arte Contemporanea dei Musei Vaticani di Roma. Un riconoscimento artistico di tutto rispetto, per un artista che alla trasgressività dedico’ la sua esistenza artistica ed umana, interrottasi nel 1969 a soli quarantasette anni.
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