Lo scienziato catastrofista ammette che non c’è correlazione tra l’aumento delle emissioni di CO2 e il riscaldamento del pianeta, che comunque è scarso
Nel 2006 lo scienziato James Lovelock, l’autore della teoria di Gaia, cioè la visione della Terra come un organismo unico che cresce e si autoregolamenta per sopravvivere, gettò il panico tra i suoi lettori e seguaci, preannunciando la fine prossima del nostro pianeta. James Lovelock condensò le sue idee in un libro intitolato La vendetta di Gaia, nel quale scrisse – e poi lo raccontò anche in interviste a prestigiosi giornali – che “miliardi di noi moriranno. Le ultime persone che sopravvivranno si troveranno nell’Artico dove il clima resterà tollerabile”. Si può immaginare la scena. James Lovelock non era un caso isolato, altri scienziati e altri personaggi di grande levatura intellettuale dicevano le stesse cose. Tra di essi c’era l’ex candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti nel 2001, Al Gore, il quale annunciò scenari apocalittici a causa del surriscaldamento terrestre.
C’è da dire che anche se molti altri scienziati erano di avviso diverso, James Lovelock e seguaci incontrarono il favore di una larga parte dell’opinione pubblica. Il motivo era che istituti di ricerca, università e industrie suffragarono con la loro autorevolezza queste teorie, anche perché da esse derivavano i fondi che i governi di vari Paesi e le istituzioni internazionali assegnavano sistematicamente a questi istituti e università e, naturalmente, al personale che aveva tutto l’interesse a seguire quel determinato filone perché in questo modo erano assicurati il lavoro e il prestigio. Quali erano i supporti scientifici su cui i ricercatori – chiamiamoli catastrofisti – basavano le loro teorie?
L’innalzamento del clima terrestre era dovuto alle (eccessive) immissioni nell’atmosfera di anidride carbonica, il CO2. Più CO2 viene immesso nell’atmosfera e più il clima si riscalda provocando desertificazione in alcune aree del pianeta e terremoti e inondazioni in altre. A nulla servirono le teorie di altri scienziati, i quali non solo confutavano che il pianeta si stesse riscaldando oltre il normale avvicendamento di periodi glaciazione e di riscaldamento ma che quest’alternanza di caldo e di freddo più che all’anidride carbonica fosse dovuta all’attività nucleare del Sole. E’ venuto fuori – ed è stato denunciato ufficialmente da altri scienziati – che i dati dei “catastrofisti” erano stati alterati. Perché parliamo di nuovo di quest’argomento? Per un motivo molto semplice: oggi, a distanza di sei anni da quelle teorie “estremiste”, James Lovelock ha confessato pubblicamente che si sono rivelate false. Lo ha detto in maniera non ambigua lui stesso: “Scusate, mi sono sbagliato, sono stato troppo allarmista. Non è la fine del mondo, non ho idea di che cosa stia succedendo al clima. Sono andato troppo in là con le deduzioni. Il problema è che al momento non sappiamo che cosa stia davvero facendo il clima. Credevamo di saperlo vent’anni fa. Una convinzione che ha portato alla pubblicazione di alcuni testi allarmistici, compreso il mio, perché tutto allora sembrava chiaro: il mondo stava per essere fritto. Invece non è andata così”. Per essere una smentita lo è senza mezzi termini, perché non è facile che uno scienziato dica che si era sbagliato. Lo ha fatto con due ragioni inoppugnabili. La prima è che il pianeta si è sì riscaldato, ma di pochissimo. La seconda è che alla quantità notevole di anidride carbonica nell’atmosfera non ha corrisposto un analogo aumento della temperatura. Insomma, nessun rapporto tra riscaldamento e CO2.
Ecco le sue parole: “Il mondo non si è riscaldato molto dall’inizio di questo millennio. Dodici anni sono abbastanza, un tempo ragionevole per valutare e la temperatura è rimasta sostanzialmente costante mentre ci aspettavamo che salisse. Il livello di CO2 è salito, questo è certo”. Perché Lovelock non ha avuto difficoltà ad ammettere l’errore? Perché si definisce uno scienziato “indipendente”. James Lovelock non è il solo a confessare di essersi sbagliato. Patrick Moore, uno dei fondatori di Greenpeace, oggi riconosce che l’allarmismo di tante organizzazioni ambientaliste sono state esagerate di proposito. Da uno dei fondatori di Greenpeace è diventato un fautore del nucleare. George Monbiot, capo storico dell’ambientalismo inglese, ha detto: “Ha recato più danno all’ambiente il movimento ambientalista nel solo 2011 che non l’intera attività dei cosiddetti negazionisti dei cambiamenti climatici”. Vuol dire che l’anidride carbonica nell’atmosfera è innocua? Niente affatto, è dannosa, ma – e lo aveva detto anche il Premio Nobel Renato Dulbecco negli anni Novanta – semplicemente le ricerche hanno dimostrato che non c’è correlazione tra le due cose.